20 NOVEMBRE 2009

Quel gran pacco dei film porno made in Biella

104479_e1_1Tira più un pelo di fica che un’intera annata di articoli di Giuliano Ramella: questa, in sintesi ma neppure troppo, la linea editoriale che quel sottile direttore rispondente al nome di Massimo De Nuzzo ha impostato per la sua creatura, il bisettimanale La Nuova Provincia. Mesi fa aveva dato grandissimo risalto a “Letti bollenti nel Biellese“, dvd hard prodotto dalle Edizioni Valentino per la regia di una misteriosa Lucrezia F., con protagonisti amatoriali presi, pare, tra i patiti dell’esibizionismo locale, rintracciati tramite i tanti siti di scambisti.
Mercoledì è successo di nuovo, sempre con la medesima finesse (strillo gigante in locandina e culo in bella mostra in prima pagina; culo che nel film probabilmente non c’è). A pagina 7, come l’altra volta, qualche dettaglio – ma non troppi – sui protagonisti, due coppie biellesi e una cossatese, e le stesse sparate del produttore Marco Galimberti: “Devo ammettere che i biellesi in quanto a performances e apertura mentale non li batte nessuno”.
Un po’ per curiosità, un po’ perché non mi fido, ho cercato su internet qualche informazione su questa Edizioni Valentino, trovando poco o niente: il sito di Unilibro riporta una parte del catalogo, che vanta titoli del calibro di “Alla zietta piace ancora la minchietta” e “Beatrice una donna inculatrice”, da cui si intuisce la vocazione per l’amatoriale un po’ pecoreccio (giusto un filo).
Dei “letti biellesi” non v’è traccia, se non nei circuiti di file sharing, in compenso esiste una corposa rassegna stampa sulle opere “di origine controllata” della casa: applicando al porno il precetto “pensa globale, agisci locale”, infatti, risultano lungometraggi con protagonisti di San SeverinoCampi e Sesto FiorentinoBastia UmbraSaronno e LegnanoViareggio e CamaioreCosenzaTradateSan CascianoCarrara,Como. Una gran bella rassegna stampa, non c’è che dire, ogni volta punteggiata dalle dichiarazioni di Galimberti che si spertica in complimenti per quanto sono maiali questi e zoccole quelle.
Mi pare solo un po’ strano che, come avviene ormai per praticamente tutto lo scibile umano, quasi nessuno dei film in questione si sia diffuso via Torrent o eMule, e non riesco a credere che i consumatori di porno siano più sensibili alle questioni di copyright rispetto, ad esempio, agli appassionati di musica. E’ altrettanto peculiare che non si riesca – io non ci sono riuscito, magari qualcuno dei lettori avrà più fortuna – a trovare uno straccio di sito da cui acquistare questi film, o da vedere in pay per view, considerato che la rete è oggi il primo mezzo di sostentamento dell’industria del porno.
Forse, mi sono detto, le Edizioni Valentino non ne hanno bisogno, forse hanno trovato unastrategia commerciale più valida. Ad esempio, quella di girare film con attori plausibilmente amatoriali (ovvero abbastanza brutti o poco dotati da non poterne fare un mestiere a tempo indeterminato), e poi stampare qualche centinaio di copertine con su scritto “Le maiale di Biella” o “Quelle sfrontate di Trivero”. Poi si scrive un bel comunicato stampa ai giornali del posto, sapendo che certi argomenti attirano l’attenzionedell’informazione di provincia come api col miele: in base a legittime necessità di anonimato, gli interpreti restano misteriosi, se non per alcune vaghe descrizioni in cui ognuno può infilare liberamente la propria fantasia (“Una cassiera sposata, di 35 anni”), e dopo qualche giorno dall’uscita degli articoloni clamorosi, non si sa se complici o sprovveduti, si invia un agente sul posto, con l’obiettivo di battere tutte le edicole e ritirare le prenotazioni del dvd. Che a questo punto va a ruba, come mi conferma l’interesse riscontrato da un amico edicolante: sono soldi facili.
“Le calde vicine di Biella” sarà disponibile tra pochi giorni, e se riesco a procurarmelo vi saprò dire, ma nel frattempo ho guardato “Letti bollenti nel Biellese”: e vi assicuro che è stato un sacrificio, non per un mio personale perbenismo, ma perché è mortalmente noioso, per tacere del cast terrificante. La prima e più importante osservazione consiste nel notare che il titolo di copertina è diverso da quello presentato a inizio film, che si limita a un più generico “Letti bollenti”: diciamo che se nutrivo qualche sospetto questa differenza non fa che rimarcarlo. Per il resto, segue recensione.

Le prime due scene, protagonisti un trio (a volto scoperto) e una coppia (lei mascherata e lui no), sono una sorta di ritorno al cinema muto, con un pessimo sonoro d’ambiente, il banfone dei protagonisti e un paio di colpi di tosse provenienti – immagino – dalla troupe. O forse in quel momento un medico sottoponeva il regista a un esame prostatico (“E oratossisca“), perché tanto quelli non sono ambienti per timidoni. Le protagoniste femminili sono passabili solo nel caso siate rimasti due anni imbarcati a bordo di un cargo battente bandiera liberiana. Quelli maschili non saprei giudicarli, a uno dei tre mi sentirei però di dire che chi soffre tanto palesi difficoltà erettili forse dovrebbe considerare carriere alternative a quelle nel cinema hard.
Nella terza scena, invece, finalmente abbiamo a che fare con un loquace, uno che non sta zitto un momento (“Vieni qui, mettiti così, brava, arrière, avant, entrée, renversé, divertissement”) e il cui accento potrebbe, in effetti, sembrare piemontese, ma anche no. A questo proposito, la sua battuta del minuto trentesimo (“guarda come si ‘ndrizza”) non è d’aiuto. Quanto alla sua partner, fidatevi: se anche fosse biellese, una volta vista non vi verrà certo voglia di andarla a cercare. La scena di sodomia, infatti, più che sesso tra consenzienti ricorda il parto della giovenca in “Scappo dalla città”. Anche i versi che emette sono molto simili: forse, dopotutto, la troupe era di Discovery Channel. Premio “Eufemismo del secolo” all’affermazione “stai sudando un po’”.
Dal minuto 42 in poi, sfortunatamente, non si sente più una fava (appunto), causa rumori indizio di prossimo cedimento strutturale per rottura del divano. Giunta all’acme del piacere, la signora passa agli ultrasuoni che neanche un banco di delfini: occhio che se avete acceso il surround l’onda d’urto può disintegrarvi le finestre.
Nella quarta e ultima scena si torna putroppo a dialoghi più modesti, con una protagonista femminile che, al contrario della precedente, se davvero gira per i nostri paraggi non dovrebbe essere difficile da riconoscere, perché di fronte a una simile cavallona a poco servono la mascherina e la parruccona platinée. Peccato che, quando apre bocca al minuto 58, si colga chiaramente un accento dell’Europa dell’Est. A meno che non esista una sindrome in grado di trasformare la foia in conoscenza del rumeno. Momento di grande verismo quando lei, sottoposta a un cunnilingo forse non magistrale, invita il partner a fare una scelta non convenzionale in termini di buco, il tutto mentre lampeggiano i flash di una macchina fotografica a caricamento manuale.
Delle quattro scene, due si svolgono su un divano, una sul pavimento di un cucinotto (lo sfarzo è contrario ai dettami del genere amatoriale, come la sceneggiatura lo è nei film dogmatici di Lars von Trier) e solo una sul letto: in conclusione, se i protagonisti siano o no di Biella non saprei dire (ma dubito), in ogni caso essendocene uno solo e prendendo per buono che avesse una temperatura anomala mi sembra comunque scorretto parlare al plurale di “letti bollenti”.

  1. …dalla salama al letto…

    anonimo
  2. Caro Paolo,
    queste tue righe spazzano via in un baleno decenni di grigia e amorfa prassi di critica cinematografica locale. Anche da questi interventi passa una riflessione sulla stampa cittadina…
    Eccellente!
    Manuele Cecconello

    Manuele Cecconello
  3. Basta, per pietà, sono in ufficio che mi sto scompisciando e tutti mi guardano con fare interrogativo…
    Franci

    Franci
  4. Ehm, lo sto scaricando. Solo per dare un secondo parere, non pensate male.

    anonimo
  5. Certo, come no: qui siamo tutti animati dal puro amore per la scienza.

    anonimo
  6. Ta-dààà.
    Sono il succitato amico edicolante.
    L’analisi di Paolo non fa una grinza. Parlo di ciò che precede la recensione, perché pur non avendo visto il film ammetto di essere raramente d’accordo con lui su qualsiasi parere concerna il cinema.
    Sulla questione della veridicità di questi prodotti ho invece ben pochi dubbi: sono bufale allucinanti. La metodologia di vendita è più o meno sempre la stessa. Inizialmente (la prima vhs di almeno 7/8 anni fa) alcuni loschi individui si presentavano porta a porta a edicole e ad alcune videoteche proponendo il prodotto. Un foglietto fotocopiato come brossure e via. Sopra, come unico contatto, un numero di cellulare al quale fare riferimento per ordinare le copie desiderate SENZA DIRITTO DI RECESSO (cosa già di per sè anomala nel nostro lavoro). La prima vhs fu un gran successo ed era senza ombra di dubbio una sòla totale. Onestamente non riuscirei ad entrare nei dettagli quanto Paolo, non tanto per pudore, ma perché è passato molto tempo e come tutti tendo a scordare i film che non mi sono piaciuti. Ricordo però una singola frase che spezzò l’incanto: “Aaah… Sei la più troia di Ferrara”. Come un Popolinetto ante litteram chiamai il numero di cellulare della ditta per rompere un po’ i coglioni. Guarda un po’: non rispondeva più nessuno. Per il primo dvd della serie il prestigioso comunicato arrivò direttamente nelle casse della distribuzione. per il resto stesse modalità. Bufala o meno ne ordinai un po’ di copie che l’infoiato pubblico biellese si divorò goloso. Dovrò mica dire a tutti “guarda che è una stronzata”! In fondo vendo Libero. Quello che dà di più da pensare è che uno di quei bei foglietti biellesi non dico faccia una piccola inchiesta per smascherare queste bufale o perlomeno taccia su quanto siamo disposti a farci ciulare (nell’unico senso possibile) in nome di una pruderia che più-provinciale-non-si-può, ma invece di questa pruderia si faccia baluardo. Come dimostra ad imperitura memoria l’altra clamorosa bufala della “porcona della banca sella” che, ri-guarda un po’, era di un’altra città dove s’era scatenato un putiferio con tanto di denunce ed era protagonista di un video che girava in rete da due anni, prima che qualche mente eccelsa decidesse di vedere in lei una “che giuro che è lei perchè va in palestra col cugino di un’amica del fratello del mio tabaccaio”. Quest’enorme puttanata è diventata il cavallo di battaglia del giornale in questione per settimane, senza uno straccio di smentita, anzi. Ho chiesto personalmente al direttore se dopo le denunce in un’altra città ecc fosse possibile spacciare questa storia per vera, mentre una poveraccia veniva additata da tutti solo per il fatto di essere bionda. “È lei, è lei…” Risposta illuminate. Eh va beh. “Mi dia la Provincia che leggo un po’ cos’è successo”. Auguri.

    Fav1

    Fav1
  7. Allora, mi risulta che vi siano difficoltà a inserire i commenti. E’ un problema di Splinder, lo potete risolvere pulendo, svuotando o cancellando che dir si voglia la cache del vostro browser, sia che usiate Safari, Firefox o Explorer. Poi riprovate a cliccare su “Lascia un commento”, dovrebbe funzionare.

  8. “In fondo vendo Libero” è la battuta dell’anno.

    anonimo
  9. Non pretendo che si sia letta almeno una delle rubriche che ho tenuto per soli 3 anni sul “fogliaccio pornomane” (con immutata stima, nè!) ma, maestro Cecconello, grigio e amorfo sarà un po’ anche lei…mutatis mutandis…se poi lei ce l’aveva con quelli bravi, chiedo venia e torno in buon ordine a guardarmi i carnacci…

    mc

    p.s. bella lì Paolo, il pezzo è uno spasso (“un post come solo i grandi post sanno essere” direbbe Mollicone nostro), menzione d’onore al commento di Fav1 (tienimene una copia, eh!)

    mc
  10. Premetto che mi riesce un po’ difficile entrare nei panni di un disgraziato che sogni d’amarsi un po’ davanti alla visione di una sua possibile cassiera di supermercato biotta ma con mascherina,
    anche se, come alternativa agli articoli del Gramo, rimane una scelta legittima, sopratutto logica
    permane, tuttavia, il dubbio: è legittimo stigmatizzare l’uso che quei due furbacchioni di de Nuzzo e Galimberti fanno della pirlaggine tipica del biellese medio?
    Lo so, si vorrebbe tutti quanti che questa fosse una sorta di leggenda, che l’autoctono in questione aspettasse solo di dar voce al suo consapevole dissenso, eppure…

    tra l’altro pare circoli clandestino l’elenco delle prossime fascette da apporre alle terrificanti produzioni del Galimberti:

    “Prendilo qua, tutto nel Ponderano”
    “La maiala di Viverone vuole solo il mio coregone”
    “Chiavazza di qua Chiavazza di là”
    “Giochi di mano con la porca di Vigliano”
    “Alla zozza di Trivero piace solo duro e nero”
    “Quelle di Valle Mosso vanno pazze per il muscolo rosso”
    “Ti Piace Pralungo, eh porcona?”
    “La zia di Quaregna da via la…”
    “Mi aggiro per il piazzo ciondolando un grosso c…”
    “Cuoio, pelle e le tettone dell’assessore di Zimone”

    da collezione il porno-soft “Tutti in gita a Cividale per lo sbiancamento anale” , gente fortunata quella;

    in effetti non sono male, suggerirei, eventualmente, di prendere spunto per arricchiere i titoli del giornale-sponsor, per esempio quelli d’inchiesta

    “musi lunghi e facce di cemento se accendi le web cam delle zoccole di via Trento”

    oppure, chessò

    “è una questione di razza la bagascia cinese di Chiavazza?”

    per quanto riguarda la vicenda

    “l’impiegata della Sella ama farlo a pecorella”
    le voci sono contrastanti…

    in ogni caso stiamo attenti a sparare ad alzo zero su queste produzioni
    tanto ci sarà sempre lo sapete un criticoco fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli un prete od un Gariazzo a rivalutarne il rustico valore

    A.

    A.
  11. Aprire una discussione del genere è come accendere la miccia di quella matta personcina che è A.
    Comunque la saga continua sulla Nuova provincia di oggi!!!

    Fav1

    Fav1
  12. Considerato il gigantesco marchettone presente sulla Provincia di oggi, direi che Popolino é fin troppo sul pezzo.

    anonimo
  13. Ma è clamoroso! Cosa avranno pensato ieri quando ormai stavano chiudendo l’edizione di oggi e hanno visto il post? Oppure vi eravate messi d’accordo…?

    anonimo
  14. mi unisco: “In fondo vendo Libero” è la battuta del 2009

    Canna

    Canna
  15. nuovo titolo questa mattina:
    “Al biellese non far sapere quanto DeNuzzo lo prende per il sedere…”

    certo che vendersi così per un piatto di lenticchie vuol dire o che sono alla canna del gas o dei perfetti cialtroni

    A.

    A.
  16. ma siete di biella raga?
    cmq concordo sul fatto il biellese medio ama spugnettarsi pensando alla vicina di casa ….
    ghghghghghghghghgh
    io sono un biellese medio ovviamente…
    Matteo

    Matteo
  17. Minkia come me la stò ridendo di brutto, e il bello che fanno anche i fighi e usano parolone, mentre stiamo parlando di pornazzi…hahahahahahahahaha

    anonimo
  18. Questo blog è spettacolare… Non so piu cosa dire. SOLO FANTASTICO!!!!

    anonimo
  19. ma annate tutti a fanculooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

    anonimo
  20. salve a tutti! noto con piacere che queste produzioni non sono nuove… dalle mie parti (provincia di lucca) sta girando un film sugli scambisti di Capannori e della Garfagnana… della stessa E.Valentino…. dopo una bella “pubblicità” sulla Nazione… qualcuno della vostra redazione mi potrebbe contattare per favore? GRAZIE simonepierotti@libero.it

    simone