25 SETTEMBRE 2011

Il tritarifiuti

Sono giorni – mesi, in realtà – di passeggiata sull’orlo dell’abisso, scanditi da abbassamenti di rating e innalzamenti di spread, voti di fiducia e vuoti di sfiducia, autorizzazioni a procedere o intimazioni a recedere. Tutto un repertorio di mossette da equilibrista, col pubblico sotto che fa oh, e poi cade cade cade, e invece macché, non cade mica. Dopo un po’, lo spettacolo si allunga, la folla si stanca – la folla si stanca di tutto, col tempo – e rumoreggia: magari non cade oggi, non cade domani, ma è questione di giorni, intanto andiamo a farci una birra. Che è filosofia pura, e legge gravitazionale universale insieme, poiché tutto è destinato a cadere, prima o poi. Probabilmente addosso a noi, però.
In tutto questo mi veniva da chiedermi, dopo averne scritto giorni fa, come sia possibile che in questo benedetto Paese non sia rimasto nessuno, ma davvero davvero nessuno con una buona idea. Sapete, una buona idea, una nuova idea. Qualcuno ci sarà, mi sono detto, ma mi sono anche detto che ci dev’essere una grossa ragione se non se ne ha notizia. Forse è come l’auto elettrica, sta sotto una teca in un museo, o è come la lampadina che non si fulmina mai: l’han chiusa in un cassetto per continuare a vendere lampadine. Un complotto, tipo, e noi paghiamo per lampadine che continuano a fulminarsi.
Ma non mi convince: un complotto richiede un’accortezza che di questi tempi sarebbe già finita intercettata.
- Carissimo, allora questa sera mi porti in villa una bella dozzina di troioni, va bene?
- Lo consideri fatto.
- Facciamo 13, che van sempre dispari, come le rose.
- Lei è un romantico, Presidente.
- Che posso dire? Sono un poeta. Piuttosto…
- Dica, Presidente.
- Quel Piano Segreto Geniale per salvare il Paese?
- Nel tritarifiuti, Presidente.
- Bravo ragazzo.
- Dovere.

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