23 MARZO 2011

Salvare il mondo, un biscotto alla volta

biscottiEro incappato in una simile follia solo una volta, qualche anno fa, quando mi capitò per le mani l'acqua minerale di H&M, confezionata nel tetrapack. Come direbbe qualcuno, una confezione composta da alluminio, carta e plastica per un prodotto che in fondo è solo pioggia. L'oggetto in foto in un certo senso è persino peggio: è una scatola di biscotti, che contiene altre sei scatole più piccole, che contengono sei bustine di plastica, che contengono infine i sei-biscotti-sei di numero. Che, per colmo di ironia, raffigurano simpatici panda, animale protetto e simbolo del Wwf, nientemeno.
E' stata acquistata a Shanghai, e quando l'ho aperta ho pensato che il mondo potrebbe finire domani, di colpo, se improvvisamente un miliardo e mezzo di cinesi decidesse di fare colazione con la stessa marca di biscotti. E tutti verremmo spazzati via da uno tsunami di packaging. Una fine del cavolo, converrete.
E' però un rischio concreto – a prescindere da quanto possa sembrare innocuo un biscotto, di suo - e mi chiedo se la soluzione sia quella di cuocersi i biscotti stessi in casa, cagare in cortile e adottare tutta una serie di comportamenti personali sostenibili e integerrimi, ma isolati come il famoso albero che cade nel bel mezzo della foresta senza nessuno che sia presente per sentirne lo schianto.
Intanto, dal lato opposto del tavolo, la controparte può giocare le sue carte su un mercato sterminato – legale, tra l'altro – investendo in pubblicità mezzi inarrivabili, prendendo a nolo fighe strepitose in grado di rendere desiderabili i suoi prodotti. Martellando miliardi di consumatori 24 ore su 24, ognuno di essi solleticato nei suoi desideri, alcuni comprensibili e altri turpi, ma tutti tipicamente umani.
Mi chiedo che senso abbia, insomma, un modello alternativo tanto nobile quanto inefficiente. Se lo scopo finale, dopotutto, sia egoistico (migliorare se stessi) o altruistico (migliorare il mondo), e se non sarebbe quindi meglio scegliere battaglie più consapevoli della distanza tra ontologia e deontologia e più utili a modificare lo stile di vita altrui che non il proprio. Più sensibili al mondo che osserviamo quando ci affacciamo alla finestra, che non al volto che ognuno di noi vede quando si specchia. 
La natura umana non è (purtroppo o per fortuna, chissà), limitata a ciò che un singolo può ritenere, nella sua limitata percezione, essere nel suo intimo il suo miglior istinto: e, sfortunatamente, in definitiva non pare contrastabile ergendosi ad asceti e facendo sentire tutti gli altri un branco di stronzi. Anche perché, nella visione popolare, la differenza tra il saggio eremita e lo scemo del villaggio, come è noto, è sottile.

  1. Ma in tutto questo, almeno sti biscotti sono buoni?
    (domanda apparentemente stupida, invece decisiva ai fini della discussione)

    utente anonimo
  2. Nella mia vita lavorativa sono stato un tecnico commerciale nel settore del packaging, più esattamente nel settore dei films di polimero.
    Penso che il comunismo e il liberismo, rispetto agli imballaggi, siano direttamente proporzionali al minimalismo e agli eccessi, ma ho la netta sensazione, che nessuno dei due si occupi dell'essenziale.
    Purtroppo i comportamenti giusti per il nostro pianeta, non corrispondono al consumismo e non ci permettono di fare ecoscelte, senza creare ecodisoccupati.
    La soluzione di ridistribuire la ricchezza, assumendo un tenore di vita ecocompatibile, temo sia un'utopia.
    Comunque, come ho già detto una volta, razzolo male e forse predico bene come la maggioranza di noi.

    utente anonimo
  3. Questo è esattamente il tema su cui mi sono trovata a ragionare in questi giorni, riflettendo sulla progressiva sparizione delle buste di plastica dai supermercati. Mi si sono affacciate alla mente alcune considerazioni. In primo luogo, ho notato come una cosa che sembrava estremamente scomoda poco tempo fa è già entrata, dopo pochissimo, nella mentalità di ognuno: liberi tutti di spendere una fortuna in borse di mais che non reggono fino al bagagliaio, oppure di attrezzarsi con borse di tela, stoffa, iuta, carta. Noto che la seconda ipotesi è la più seguita. Fateci caso, e vedrete per la città quante signore (per fortuna non solo loro) reggono le più improbabili borse in mano. Potere della coercizione! Dopo anni in cui i più virtuosi hanno fatto sfoggio di borse riciclate di materiali vari, ora, non potendo più scegliere, anche la madama finto bionda e il manager frettoloso si sono attrezzati, senza timore di reggere in mano la consunta sporta della nonna. Questa constatazione mi porta a ragionare sul fatto che il comportamento virtuoso individuale è, oltre che faticoso, spesso invano e di scarso effetto. Certi cambiamenti, condivisi è ovvio, vanno poi in qualche modo imposti e aiutati dai fatti concreti. Fatto conreto: fare sparire dalla circolazione le borse di plastica. Se sparissero le sigarette, vi sarebbe senz'altro una parte di irriducibili fumatori che si rollerebbero l'erba delle aiuole, ma ben di più che smetterebbero di fumare. Non si tratta di proibire, ma di aiutare a seguire un comportamento più giusto etico, ecc, senza demandare in toto alla virtù del singolo. Che il singolo di fatiche ne ha già tante, senza dover per forza fare il giro delle cascine a tappe forzate su è giù per i bricchi per non avere (oltre che un cibo più buono, ovvio) un paio di chili in meno di packaging.
    Altra considerazione: e però che senso ha che io vada a sfare la spesa con lo zaino o la gerla, risparmiando uno o due sacchetti (per carità, meglio così) se poi quando arrivo a casa e ripongo la spesa mi avanza l'equivalente di un metro cubo di imballaggi. Alcuni li posso evitare comprando la merce a peso, al banco (anche qui, facendo appello alla mia virtù, mentre vicino a me tanti non lo fanno, chissà come mi sentirò migliore…), ma altri non li posso evitare. Se da domani vaschette di polistirolo, plastica, tetrapak, bottiglie di plastica, pellicole, scatole, buste che avvolgono pochi grammi di merce edibile fossero proibiti, sarebbe bello no? Faremmo lo stesso la spesa, compreremmo magari anche le stesse cose e potremmo indirizzare la nostra virtù, le nostre energie verso qualcosa di meglio, di più alto. Avremmo più spazio in casa e nel bagagliaio, meno spazzatura per le strade, si ridurrebbe il continente di rifiuti in mezzo al mar e non distingueremmo più il qualunquista dall’ecologista, almeno in tal frangente.
    c

    utente anonimo
  4. Ah, dimenticavo, caro#2, tranquillo direi che razzoli male e predichi pure male. Le giustificazione da te addotte – ecodisoccupati, comunismo e consumismo (????!!!!!) – non hanno senso, sono trite e vecchie di cent'anni. A parte che i disoccupati ci sono lo stesso e non è che sono gli ecologisti a chiudere le fabbriche, resta il fatto che vivere in un modo diverso può eccome dare lavoro e portare ricchezza. Anche solo i comportamenti più virtuso creano ricchezza a chi li mette in atto … (leggi=spendiamo meno in cazzate inutili e risparmiamo).  Cosa vuoi che ti dica, leggiti qualcosa, che ne so , da Baumann in su, in giù. Magari non Caprotti.
    c.

    utente anonimo
  5. #1, i biscotti sono medi, diciamo. Nella categoria biscotti burrosi, i Walkers sono decisamente un'altra cosa, e vengono solo dalla Scozia.

  6. Caro 4, sono fausto fabiano il 2, mi sono scordato di firmare, come sempre faccio.
    Credo che tu non abbia letto con attenzione, quello che ho scritto.
    La tua risposta mi sembra un po' isterica.

    Esempio:
    quando parliamo di shoppers in PE anzichè in Materbi, sai cosa c'è dietro a tutto questo? Sai chi e come produce le resine (sempre che tu sappia cosa sono le resine)? Sai chi produce il film di polimero? Sai chi produce le macchine molto tecnologiche che confezionano gli shoppers?
    Sai che, quando si fa la raccolta differenziata della plastica, il PVC (polivinilcloruro) finisce con tutto il resto, vanificando il riciclo o l'utilizzo come produzione di energia?
    Quando poi si parla di imballaggi, bisognerebbe avere qualche nozione tecnica, per sapere cosa significa conservazione, barriera al vapore acqueo, barriera all'ossigeno, atmosfera modificata.
    La qualità della nostra alimentazione è migliorata grazie alla qualità degli imballaggi, dello sviluppo tecnologico del packaging.
    Esistono norme d'igiene e di controllo, che in passato non venivano considerate. Quando compravamo il latte sfuso, non sapevamo cosa ci veniva propinato, quando compravamo lo zucchero sfuso nella carta blu, l'giene era inesistente, quando compravamo la pasta sfusa, potevamo ringraziare la bollitura, succedeva di morire di botulino, perchè le scatole di latta erano inadeguate. Nella bassa vercellese impazzava la diossina e si moriva per il metanolo nel vino, che in passato era di pessima qualità… ecc ecc

    Chi vuole veramente occuparsi di ecologia, dovrebbe farlo allargando le proprie conoscenze, senza cadere nei soliti luoghi comuni.

    Fausto Fabiano

    utente anonimo
  7. caro fausto, effettivamente io non sapevo molte delle cose che ti mi scrivi. Ho il sospetto anch'io che quando si immette nel mercato qualcosa che è a favore dell'ambiente i conti poi non tornino. Penso per esempio alle lampadine a baso consumo o alle macchine elettriche… Insomma togli una cosa e ne metti un'altra e chi lo sa se è meglio, in un'economia di larga scala? Infatti io non sono un'ecologista, non ne so pressochè nulla. Da comune cittadina intuisco solo che, al punto in cui siamo arrivati, sarebbe meglio togliere qualcosa, anzichè sostituire. Lo so che si vive meglio che in passato, In quanto a tecnologia e ad igiene, almeno in questa parte del mondo. Lo so che una volta i bambini (la sorellina di mia madre per esempio) morivano perchè il latte era contaminato: una gastroeterite e via, puff non c'eri più. Infatti non credo che sia auspicabile comprare i cibi nei cartocci, o avere una mucca in casa e simili. Però mi chiedo se sia indispensabile avere una doppia, tripla, confezione per ogni cosa. Confezioni che paghiamo e che servono a vendere meglio anche ciò di cui non abbiamo bisogno, talvolta. Insomma, se il prodotto che acquisto è già sigillato e inserito in una scatola, è proprio necessario metterlo in un'altra scatola e poi ancora avvolgerlo nella plastica e ancora apporvi una fascetta di cartone con su un adesivo? Io non lo, forse sì. Ma se alla macchina che, mettiamo, produce le fascette adesive che ricoprono il tutto lavorano alcune persone e alcune altre l'hanno prodotta devo pensare che farne a meno avrà come conseguenza la disoccupazione delle stesse persone? Quindi la scelta sta tar sentirsi in colpa verso l'ambiente (e verso i mei figli) oppure verso la diminuzione dell'occupazione (e quindi verso i miei figli). Non lo so, a me sembra un ricatto sociale, e un meccanismo di mercato un po' perverso, al quale dovremo, temo obbligati se nonaltro dalla mancanza di mezzi, dire basta. Allora sarà più conveniente agire in altro modo, a costo non avere tutto asettico e imballato. Non ne so abbastanza, ma ho appena finito di mettere via la spesa e adesso vado a buttare via la spazzatura che ho già prodotto con gli imballaggi. E non ho ancora usato niente!! Comunque la differenziata la faccio, anche se non serve (lo immagino, purtroppo), ma mi sentirei troppo in colpa a non farla! Ciao
    c.

    utente anonimo
  8. Per C
    Per finalizzare il nostro ragionamento, credo che i problemi non siano nel reparto alimentari della grande distribuzione, anche perchè nell'ultimo decennio c'è stata la volontà di ridurre l'imballo dei prodotti alimentari.
    Per esempio, non dobbiamo criminalizzare la confezione dei tortellini Rana, oggi non si può fare di meglio, dobbiamo criminalizzare l'imballo degli accessori per telefonini.
    In questo post Paolo cita dei biscotti al burro, sensibili al contatto con l'ossigeno, ne consegue che se non si crea una barrierra per ogni biscotto, una volta aperti, quelli rimasti, dopo qualche giorno, diventano rancidi.
    Ci sono settori dove l'imballaggio serve per dare importanza, per comunicare, per invogliare ecc ecc, settori dove gli imballaggi devono essere sbranati per arrivare al contenuto e settori dove l'imballaggio costa più di quello che contiene. In realtà ci sarebbe molto da fare per ridurre il volume dei rifiuti, per non distruggere l'aria e la terra, ma se pensi agli interessi che ruotano intorno alla pubblicità, capisci che non c'è speranza.
    La televisione, la radio, la stampa, tutto quanto è destinato alla comunicazione ci spinge ogni giorno a fare quello che non si dovrebbe, siamo arrivati al punto di essere stimolati a diventare giocatori d'azzardo.
    Fausto Fabiano

    utente anonimo
  9. certo, se l'imballo di ogni singolo biscotto fosse stato sotto vuoto…
    o funziona solo col salame?

    A.

    utente anonimo
  10. Paolo, mi rivolgo a te, perchè con questo si chiude il cerchio del tuo post.
    Se invece di dire "io sono solo una bambina" avesse detto "io sono solo un politico", non cambiava, nulla!
    Possibile che esistano ancora persone. che sprecano tempo e attenzione per avvenimenti propagandistici e poco costruttivi, capaci di produrre solo CO2.
    Possibile che ci siano persone tanto ingenue da non capire che, se questa bambina avesse aiutato un barbone a Manhattan, avrebbe ottenuto un risultato molti più concreto.

    Non crogiolatevi guardando queste banalità, guardatevi allo specchio e fate la vostra parte, senza aspettarvi i complimenti di nessuno.

    Fausto Fabiano

    Anonimo