7 FEBBRAIO 2011

Proud Italy

Scrive il Post che questo è stato lo spot più cercato su internet tra quelli andati in onda l'altra notte durante il Superbowl, e dice Marchionne che è costato nove milioni di dollari. Che è una cifra alta a prescindere, ma nel caso è stata spesa per infilarsi in un evento che è stato pur sempre visto da qualche centinaio di milioni di spettatori: e quindi, se i manager sanno ancora fare i conti e se i pubblicitari sanno ancora fare il loro mestiere, dovrebbero comunque valere la spesa in termini di ritorno e di pezzi venduti. Per dire che non voglio questionare o scandalizzarmi per il costo di uno spot di 30 secondi paragonato allo stipendio di un operaio nel corso, tipo, di tutta una vita: se farà vendere il barlandone che mostra, sarà un vantaggio anche per chi sta alla catena di montaggio. Amorale, forse, migliorabile, chissà, ma così va il mondo.
Lo spot, tra l'altro, non è neppure tra i più memorabili nella lunga tradizione del Superbowl: un evento così importante per l'immaginario americano che le aziende non solo vi investono quelle cifre, ma girano commercials appositi, molto spesso più avvincenti, provocatori, o semplicemente più belli di questo.
Lo spot, quindi, non è poi così creativo, e la faccia da pesce lesso di Eminem ci ricorda solo che i tempi di 8 Mile sono andati. La chiosa però è interessante, quell'imported from Detroit parla di orgoglio, di riscatto, di voglia di rivincita. Di affetto per la nostra roba, alla Malavoglia, dopo un lungo periodo in cui i riferimenti culturali – ovvero i rapper, perché siamo in America e di questo stiamo parlando – erano carrozzati Lexus, non Chrysler e men che mai Detroit. E' quell'attaccamento che gli americani hanno verso sé stessi che a noi pare retorico, e ci fa un po' sorridere. Amaramente, perché sappiamo di non possederlo: anche per ottimi motivi, e delusioni radicate nell'inconscio della nostra nazione, però intanto non ci riesce, e a volte sarebbe utile poterlo esprimere.
Mio padre, ad esempio, ha sempre creduto nelle auto italiane, un po' come il Clint Eastwood di Gran Torino, io invece guido una giapponese semplicemente perché a parità di prezzo è un'auto migliore, e le mie finanze non mi permettono di poter scegliere un bidone pur di sostenere l'industria nazionale. E di bidoni, la Fiat, negli anni ne ha fatti tanti, alcuni li fabbrica ancora oggi: coi nostri soldi di acquirenti e coi nostri soldi di contribuenti, e scusate il luogo comune ma anche i luoghi comuni, a volte, sono veri.
Però forse è così, semplicemente così, che avremmo dovuto mettere tutta la faccenda di Mirafiori, e di Pomigliano prima: senza pretendere di spiegare agli operai cosa è meglio per loro. Senza sparare affermazioni definitive – «con Marchionne senza se e senza ma» – basate sul nulla: cosa si sapeva, del piano di investimenti su Mirafiori? Un cazzo di niente, ecco cosa, e infatti son bastate un paio di settimane – un lutto molto breve, invero – per parlare di trasferimento della baracca in America. Tiro rapidamente corretto, ma di certo come segnale non è il massimo. Un Governo men che normale, certe cose le avrebbe verificate, avrebbe magari vincolato il piano industriale allo sviluppo di un nuovo motore, sperabilmente di quelli ecologici: per non parlare del piano occupazionale. E' quel che fanno i Paesi seri, perché fidarsi è bene ma i precedenti non sono incoraggianti, e tutta questa partita è stata giocata a furia di puntate al buio, e non è proprio il caso. Dal Governo, e anche da alcuni esponenti della sinistra: che almeno serva di lezione.
La serietà non è di destra o di sinistra, e non bisogna aver paura di passar per comunisti solo perché, anche se si è disposti a fare qualche sacrificio come Paese e come popolo, si pretende di sapere se ne varrà la pena: del resto è quel che hanno fatto gli americani, e la gran parte di loro non sa nemmeno come si scrive, la parola comunismo. Hanno fatto bene, e fanno bene a esserne orgogliosi, oggi: e noi, con tutta la nostra superiore cultura, avremmo dovuto far come loro, esattamente the same.
In quel caso sì, che pure noi potremmo essere tutti un po' più orgogliosi.

  1. Bene, finalmente, dopotutto non ci voleva molto, era una semplice questione di buon senso.

    utente anonimo
  2. le fiat saranno pure bidoni, peró hanno ottimi motori.

    utente anonimo
  3. questo blog è molto bello molto ben curato vieni a visitare anche il mio^^

  4. Contrariamente a quanto affermato su questo articolo,dal 1976 ho sempre acquistato fiat e mi sono trovato bene.Ciò non toglie che il comportamento di questa azienda,con il supporto dei sindacati(cisl e uil in particolare),della classe politica e degli organi di informazione,sia stato rivoltante,non si propongono e non si accettano accordi al ribasso,in un paese che,anche per demerito dei sindacati,ha gli stipendi più bassi della zona euro e non solo.Mi sono occupato per più di 30 anni di organizzazione del lavoro e di contratti capestro,avallati dai sindacati,ne ho visti e subiti parecchi.Se la fiat vuole l'efficienza tedesca cominci a pagare stipendi tedeschi,se la produttività in italia è più bassa ci possono essere solo 2 cause,il gruppo dirigente non è all'altezza della situazione oppure la tecnologia è obsoleta.L'operaio,l'impiegato se ben supportato fa il proprio dovere e lo fa pure bene.Il mancato rispetto dei ruoli che compongono l'attività produttiva ha portato al deterioramento del tessuto industriale,consentendo grandi speculazioni a pochi personaggi privi di scrupoli.In conclusione,se la fiat se ne vuole andare,vada,prima però restituisca i denari che ha frodato agli italiani.
    Saluti                                nn7

    utente anonimo