Vincendo la mia attuale ritrosia isolazionista, ieri sera ho accettato l’invito di un amico e ho partecipato a un incontro su "Media e territorio – Comunicazione nel Biellese tra locale e globale" (qui le info). Serata interessante, a cui hanno partecipato pezzi di società biellese a cui non solo io non appartengo, ma che in genere non si parlano tra loro: l’associazionismo cattolico, i rappresentanti della stampa locale, le scuole, le istituzioni, la cultura e persino i Grillini. Malgrado quelle che una volta si sarebbero chiamate le rispettive differenze, è comune un senso di insoddisfazione per l’incapacità dei media locali di incidere in modo significativo sulla vita della comunità. Ugualmente, è sempre più palese la difficoltà di chi opera nei giornali locali, persone che hanno imparato a nuotare nella vasca da bagno e ora che si ritrovano in mare aperto non sanno bene come stare a galla.
Premesso che esistono problemi concreti con cui fare i conti, ad esempio i mezzi economici sempre più limitati, la conoscenza diretta di molti di questi soggetti mi spinge a marcare una differenza tra chi è disposto ad ammettere che un po’ si dovrà cambiare ed imparare nuovi stili di nuoto per stare a galla, e chi invece si ritiene comunque troppo bravo e troppo furbo per muoversi dalla sua posizione. La mia valutazione su questi ultimi, mentre li vedo affondare trascinati dal peso delle loro certezze, è che difficilmente spunteranno loro le branchie.
Insomma, in una serata in cui tutti chiedono un maggiore approfondimento dei temi davvero importanti per il territorio, e lamentano una superficialità che rende automaticamente inutile l’informazione locale, io personalmente tra tanti esempi possibili non mi sarei messo a difendere proprio le foto delle castagnate.
Con tutto il rispetto per le castagnate, e per chi le vuole trovare quando va in edicola: gente degnissima, che vive in cima a qualche valle, che ancora ha cara l’abitudine del giornale, e questo deve pur valere qualcosa. Ma allo stesso tempo si tratta di lettori un po’ in là con gli anni, che lentamente vanno sparendo – letteralmente, nel senso che muoiono – senza venire rimpiazzati da altri più giovani.
Secondo il difensore delle castagnate, i giornali locali hanno il vantaggio dell’esclusività di un certo tipo di informazione (tradotto: o si compra il giornale e la si legge lì o non ci sono alternative): e magari è vero che se vengo fotografato mentre faccio saltar caldarroste in Val Filzetta forse comprerò il giornale per vedermici. Ma questo fa di me l’acquirente di una copia, non un lettore: anzi, l’interesse di chiunque sano di mente verso le castagnate che non siano strettamente le proprie è pari a zero, e potrei scommettere che con il passare degli anni non aumenterà.
Se bastasse fotografare le persone per trasformarle in lettori sarebbe sufficiente pubblicare un annuario, un album: che è poi è l’utilizzo principale che, ironicamente, viene fatto di Facebook. Ma sappiamo che l’informazione non funziona così.
L’idea dell’omnibus che coniuga il resoconto della sagra con l’approfondimento di qualità è però un modello orizzontale che non solo è difficile da traghettare su internet (un media estremamente verticale), ma sta andando in crisi anche sul cartaceo, perché in qualche modo è quasi sempre l’informazione marginale a rubare spazio a quella importante, non il contrario, e più aumentano i problemi di spazio, foliazione e costi di stampa più questo dato emerge con chiarezza.
Di certo è molto ottimista la previsione di chi pensa che un sistema come quello della rete, che è riuscito a mettere in ginocchio colossi del calibro del Wall Street Journal e fa perdere miliardi di dollari a Bill Gates, alla Sony e alle grandi multinazionali, non possa trovare il modo per competere con l’informazione locale, e soprattutto con le castagne.
4 APRILE 2009
