21 MARZO 2012

Che fine fanno le buone idee (in politica)

Di sicuro vale per molti ambiti, ma questo straordinario video è un’ottima metafora per spiegare che cosa succede alle buone idee quando entrano a contatto con la politica, o per meglio dire con i suoi meccanismi di discussione. E cosa succede quando vengono affrontate dentro un partito, soprattutto.
Alla base c’è un’idea – qui è un prodotto, ma ci siamo capiti – e quell’idea buona o cattiva che sia funziona così com’è, o non funziona per niente, e soprattutto funziona se chi se ne occupa è in grado di capire di cosa si sta parlando.
Invece, si forma un tavolo di subnormali, o meglio un tavolo a cui qualcuno di subnormale è stato autorizzato a sedersi in rappresentanza di un’oscura esigenza rappresentativa, che per comodità qui chiameremo quota: spesso non ne aveva voglia, ma gli è stato chiesto lo stesso di sacrificarsi per il bene del partito, e praticamente sempre non possiede né titoli né competenze, non sa nulla dell’argomento, non sa nulla di nessun argomento, e non sa nulla del mondo che lo circonda. Ma fa parte di una quota, dicevamo, e tanto basta. Costui o costoro sono personalità borderline, emarginati cui là fuori nessuno affiderebbe neppure il compito di impilare i carrelli della spesa fuori dai supermercati, privi insomma di una loro dimensione personale che in questa sede hanno trovato un loro posto e che, per un malinteso senso della democrazia, qui hanno esattamente lo stesso titolo a discutere di tutti gli altri. Perché in caso contrario il partito non sarebbe democratico, o almeno questo dovrebbe essere il senso.
In realtà, il loro compito è quello di spingere la discussione verso l’inevitabile forma di concertazione che porta a stabilire un minimo comune denominatore tra tutte le posizioni, rappresentandole a prescindere dalla loro sensatezza, trascinando tutti in una spirale in cui fatalmente più basso è il punto d’intesa, più sarà condiviso, anche da coloro che al contrario di competenze ne avrebbero, ma a quel punto non hanno altra scelta se non allinearsi alle esigenze che stanno a cuore alla quota che li ha espressi.
Non c’è verso di far capire ai subnormali, ovviamente, che più ci si allontana dall’idea in se, più la si snatura compromettendone del tutto l’efficacia, rendendola così diversa che alla fine non solo non darà i risultati sperati, non solo non funzionerà, ma si rivelerà dannosa. Né è possibile, ovviamente, rivolgersi a competenze esterne perché, appunto, estranee alle quote che determinano la discussione. Se poi l’idea è particolarmente buona, se è buona davvero (capita che se ne abbiano persino dentro ai partiti), suscita immediatamente nei subnormali il sospetto che celi una manovra di qualche tipo, e che quindi sia necessario sputtanarla il più violentemente possibile, per il semplice fatto che proviene da rappresentanti di una quota differente dalla propria. E di certo non si può mai e per nessuna ragione permettere che i propri avversari interni si possano intitolare la realizzazione di una buona idea.
Ne risulta, ovviamente, una scelta mostruosamente sbagliata, ma al tempo stesso indiscutibile: perché passata attraverso così tante limitazioni che sarebbe stato impossibile averne una, se non migliore, almeno diversa.
Alla fine del processo, proprio perché non sarebbe stato possibile fare altrimenti, le conseguenze negative che automaticamente si manifestano non possono essere oggetto di nessuna successiva fase di analisi o autocritica, non importa quanto disastrose si rivelino: nessun bilancio viene tirato, nessuna verifica è possibile, anche perché metterebbe in discussione non solo il processo di decisione, ma anche le persone che ne sono coinvolte. E questo non è possibile, perché metterebbe a sua volta in discussione le quote stesse, che sono l’unico metro di giudizio e in quanto tale sono indiscutibili.
Inoltre, è pressante in agenda l’esigenza di convocare una nuova riunione per prendere una nuova decisione. E si va avanti così all’infinito.

  1. Cos’è, una specie di campagna di tesseramento? In effetti viene proprio voglia di iscriversi.

    Marco
  2. Sarebbe Massimo Comune Denominatore, o minimo comune multiplo,  a scelta

  3. I partiti hanno una matematica tutta loro.