1 NOVEMBRE 2011

Il lattuccio caldo

Ricapitolando, nel giro di 24 ore la mia versione dei fatti su quanto presentato da Matteo Renzi alla fine della Leopolda bis è finita su Repubblica, su Lettera 43, e infine su SkyTg24, oltre che su numerosi blog, ed è stata pure discretamente rimpallata su Twitter, che effettivamente è uno strumento con una potenza bestiale.
Niente di che, rispetto allo tsunami mediatico sollevato dall’evento, ma anche meglio di niente, solo una piccola, insignificante soddisfazione personale. La devo in toto ad Arianna Ciccone, che è stata la prima a ricordarsi di aver già sentito la storiella, e che col progetto Valigia Blu si batte perché nel mestiere del giornalista ritorni l’etica, soprattutto quella che impone di riportare correttamente le notizie: sì, anche nel caso di notizie da nulla, come sicuramente lo è questa. Come mi ha scritto ieri, questo fatterello “dovevamo notarlo noi”, intendendo che dovevano notarlo i giornalisti, perché è dei giornalisti il compito di ricordare al pubblico se la barzelletta che stanno riportando è nuova o è vecchia.
Non che questo basti a farsi riconoscere un cazzo di niente – tra l’altro non sono più tanto certo di volerlo, a questo punto –  ma è un piccolo segnale che, nel marasma generale, anche se molti sono ben felici di bersi la qualsiasi, qualcuno osserva, e prende nota come a dire: attenti, vi teniamo d’occhio. Sperando che, quando serve, sia per cause più nobili e funzioni un po’ meglio, ovviamente: e per fortuna ogni tanto capita, come ha insegnato il caso Sucate.
In assoluto, la più grande soddisfazione me l’ha data Sky, riportando il dettaglio del lattuccio caldo: corrisponde al vero, sia chiaro, ma ammetto che non era affatto attinente al contesto. E’ quel tipo di fatterello che, come insegnano gli scrittori veri, si inserisce per rendere realistica una storia.
E infatti ha funzionato.

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