30 OTTOBRE 2011

La verità

La verità è che i primi a mollare Bersani sono stati i suoi fedelissimi, a partire dai funzionari di cui si è circondato e che ora organizzano convegni correntizi per chiedere i posti, vatti a fidare. A partire da Massimo D’Alema, che di Bersani era il principale sostenitore, e che ora si fa intervistare dal Corriere per dire che gli piace Casini. E lui, Bersani, che invece di incazzarsi come una bestia, il lunedì dopo ci va a pranzo, con Casini. Provocando una demenziale contraddizione: quella di attaccare il compagno di partito Renzi insinuando che si tratti di un destro mascherato, mentre al tempo stesso corteggia con penosa insistenza chi di destra lo è al di là di ogni ragionevole dubbio.

La verità è che Bersani, in questi mesi, non ha mai capito cosa stava succedendo, ed è arrivato lungo su tutto: sui referendum, sulle amministrative, sulla raccolta delle firme contro il Porcellum. Salvo poi mandare D’Alema a commentare le vittorie, in tivù, sperando di metterci il cappello, come direbbe lui. Ma chi ci crede più?

La verità è che Bersani organizza conferenze di partito di cui non resta niente, come le famose lacrime nella pioggia, che richiama i militanti in piazza per dire loro che il Pd ha una proposta, senza chiarire mai quale proposta è, mentre là fuori succedono cose importanti, i suoi elettori discutono, e lui non va mai a incontrarli, e ha sempre paura di confrontarsi.

La verità e che Bersani, e con lui tutti i dirigenti del Pd, hanno continuato a negare che il rinnovamento fosse un problema grande come una casa. Negato quand’era posto con le cattive e con parolacce come rottamazione, e negato quando è stato posto in modo costruttivo e dialogante, sulla base di proposte concrete. Negato a prescindere, sperando di rimandarlo all’infinito. Ma i nodi vengono al pettine piuttosto velocemente, come abbiamo visto.

La verità è che, a forza di negare la realtà, il tempo passa, e la situazione non si risolve, semmai peggiora. Che chiudersi in una stanza sa tanto di assedio, e gli assedi finiscono tutti nello stesso modo: con l’arrivo dei barbari, quelli che spazzano via tutto.

La verità e che Bersani e la classe dirigente del Pd non hanno mai finito di fare i conti col proprio passato, e coi propri tabù. Che si imbarazzano quando devono rispondere a Marchionne, e si dividono quando la Cgil scende in piazza. Che sono in difficoltà sempre, su tutto. E che su quelle difficoltà Matteo Renzi ci sta costruendo una carriera, perché tutti intorno sono talmente scemi da dargli continui spunti e mostrargli dove fa più male picchiare.

La verità è che Matteo Renzi l’hanno creato Bersani e quelli come Bersani. Facendo finta che non esistesse, rispondendogli sempre e solo a distanza, mostrando di aver paura di affrontarlo. Alimentandolo, contribuendo a gonfiarlo a dismisura, senza mai capire come disinnescarlo, aggravando sempre il danno. E ora sono tutti cazzi loro. Ma anche nostri, visto che ci toccherà raccogliere i pezzi.

La verità è che oggi a Bersani in fondo è andata ancora bene, perché Renzi alla fine della Leopolda non si è candidato (e questo potrebbe costargli caro, chissà). Ma lo farà, presto o tardi, e la verità è che, quando questo succederà, Bersani avrà solo due strade: rifiutare la competizione, appellandosi ai regolamenti più che allo stato delle cose concrete, facendosi rinfacciare paura e debolezza, e non c’è bisogno di spiegare quanto questo sarebbe dannoso per chi guarda al Pd come a un luogo aperto e contendibile, anche solo in termini elettorali. Oppure mettersi in gioco: cosa che equivale all’ammissione implicita che intorno a lui non c’è più la fiducia sufficiente. Solo due ipotesi, quindi, disastrose entrambe.

La verità ultima, tirate le somme di tutto questo, è che Bersani non è in grado di rispondere a tutto quello che sta succedendo, nel Pd e nel Paese. Che forse nemmeno lo capisce, quello che gli succede intorno, per mancanza di volontà o di mentalità. Che non è all’altezza, ed è debole: ed è debole perché non è all’altezza. Che è un peccato, perché ha buttato letteralmente nel cesso il consenso delle primarie che lo elessero, solo due anni fa, in modo orribilmente simile a come fece Veltroni, almeno in questo ricorsivamente uguale. Che nel frattempo non solo non ha convinto chi non lo aveva votato, ma ha perso anche i suoi sostenitori, a tutti i livelli, in un’emorragia che ormai è un fiotto e che è inutile continuare a ignorare. Che tutto questo è oggettivo, tra l’altro, e che non deriva da una visione di parte, da una nota dell’autore, o da un giramento personale: sta succedendo, e persino io lo registro con stupore. Che questa è una tragedia, ovviamente, che arriva nel momento sbagliato, e che si somma ad altre molto più gravi, tipo il Paese che affonda e la mancanza di un’alternativa valida che a questo punto sarebbe meglio avere già a disposizione. Che quindi ci sarebbe ben altro, di cui occuparsi al momento, ma purtroppo questo non sposta la questione di un millimetro.
E la questione è che ci vorrebbe un altro segretario, oltre che un altro candidato.

  1. Per la serie “la tocco piano” :)

  2. E purtroppo aggiungerei che questa tua lucidissima anche se impietosa analisi, è un dramma per tutti quelli che vorrebbero un’alternativa di sinistra in questo povero paese…a meno di pensare che senza le donne e gli uomini del Pd si possa costruire sta benedetta alternativa.

  3. La verità è che sei uno dei pochi che conosco che ha il coraggio di dire senza mezzi termini come la pensa.
    E io la penso come te ( in questo caso ) !
    Bravo Paolo ! Avanti così !

  4. vabbè paolo ma ormai sei uscito troppo allo scoperto, qualcuno prima o poi dirà che gli stai tirando la volata… ultimamente sei troppo esacerbato nei toni, di questo passo arriviamo col sangue agli occhi al congresso, prendila meglio la salita… a presto. G

  5. Caro Giuseppe non mi pare che il mio post sia esacerbato. Ti assicuro che scrivo cose un po’ diverse, quando mi esacerbo. E non ho il sangue agli occhi, piuttosto le lacrime: perché bisogna essere davvero dei coglioni, col Governo che abbiamo, a ritrovarci a questo punto. Eppure ci siamo, clamorosamente, e quindi chiamiamo le cose col loro nome, diciamo la verità. E questo è quanto, altro che volate.