10 GIUGNO 2011

Storia di un programma di successo della tivù pubblica

TopGearClarksonC'è un programma molto popolare, ma davvero moltissimo. Ha un'audience pazzesca, fa parlar molto di se, e soprattutto porta nelle casse dell'emittente che lo manda in onda un fiume di denaro. Questo, tra l'altro, compensa il fatto che la trasmissione costicchia, diciamo. Ma è nulla, rispetto ai profitti.
E questo fa comodo, anche se quell'emittente è pubblica e tutto sommato si potrebbe anche accontentare di far buoni programmi, senza badare al ritorno economico, al profitto fine a se stesso: quello è più il compito delle tivù commerciali. Ma non guasta, ecco, che anche un canale pubblico sia in grado di produrre trasmissioni redditizie, anche perché così può metter via due soldini per coprire le spese di altre che, pur essendo belle e interessanti, e qualificanti per un servizio che si vorrebbe pubblico, non guadagnano abbastanza o sono in perdita.
Tutto bene? Non proprio, perché purtroppo quel programma molto popolare è così popolare anche perché, nel tempo, si è costruito un'autorevolezza tale da potergli permettere di andar contro una serie di poteri forti. Poteri molto forti, in effetti, che poi sono gli stessi che sono pure oggetto del programma stesso. Quei poteri non amano farsi criticare, a torto ma neppure a ragione, e la loro reazione tipica è quella di protestare, sia facendo pressioni subdole sull'editore, sia prendendo iniziative più apertamente ostili.
A quel punto, al canale pubblico tocca il compito di fare una serie di valutazioni: il programma molto popolare vale più o meno del danno eventuale che deriverebbe dall'inimicarsi i famosi poteri forti? Quel consenso di pubblico vale più o meno dell'ostracismo messo in atto da quelli che contano? Cedere significa togliersi di torno una bella rottura di palle, ma anche mostrarsi deboli e ricattabili, domani, nei confronti del primo che passa e gli gira di metter becco su cosa il palinsesto può o non può mandare in onda. Bisogna pensarci bene, insomma, e aldilà delle motivazioni deontologiche – l'indipendenza editoriale, la libera informazione e cose così – un bravo manager deve compiere freddamente la scelta migliore per l'azienda che rappresenta.
Insomma, io sono un grande fan di Top Gear, e sono contento che la Bbc continui a produrlo per poi venderne i diritti in Italia, come in altre decine di Paesi nel mondo. Sono contento che il programma abbia – come effettivamente ha – centinaia di milioni di fan sfegatati in tutto il mondo, perché questo lo rende forte e permette ai suoi conduttori di provare in pista – per dire – un'auto e dire liberamente che fa cagare: non importa quanto si incazzi il produttore di quel modello e quali pressioni faccia sulla Bbc, non importa che ritiri i suoi investimenti pubblicitari.
Ce ne vorrebbero di più, molti di più, di programmi così. Come Top Gear, intendo.
Perché, cosa avevate capito?

  1. Questa è per solutori più che abili, direi. Però è tutto qui, alla fine: non è che stiamo parlando di marziani, ma di scelte, di pro e contro, di giudizi nel merito. Non è difficile (il post un po', invece: lo fai apposta).
    Saluti.

    utente anonimo
  2. Pop, quando fai così ti adoro.

    utente anonimo