22 SETTEMBRE 2010

Siamo uomini o cantonieri?

bucaEsiste la possibilità (da verificare, ma esiste) che lunedì o martedì nel prossimo consiglio comunale si provochi una crisi insanabile della giunta di centrodestra. Se crisi sarà, il suo principale responsabile è un consigliere comunale – fino al 2009 all'opposizione e oggi in maggioranza, ma oggi come ieri escluso da ruoli esecutivi – che nella vita fa il ristoratore, il pizzaiolo, e che nel giro di un paio di legislature ha costruito intorno a sè il consenso elettorale numericamente più rilevante della città.
Non vorrei sembrare snob, ma mi sembra un dato interessante da cui partire. L'iniziale successo di questo consigliere derivava – suppongo – da un lavoro che lo mette al contatto col pubblico, e dalla sua capacità di rapportarsi con la comunità. In seguito, la sua attività di consigliere – che è costante, va detto – gli ha consentito di portare dentro al palazzo le istanze di persone comuni, e questo gli ha portato altro consenso, fino all'eccezionale risultato del 2009.
Quali sono quelle istanze, e come sono state rappresentate? Vediamo.
Il consigliere è meridionale, e ha sempre dimostrato di possedere una certa sensibilità per i problemi degli immigrati come lui e delle famiglie senza reddito, per i malfunzionamenti dei servizi sociali, per l'aiuto concreto a una parte di città che non tutti frequentano e talvolta neppure conoscono. E lui, a suo merito, sì.
Ma non è il solo: altri vivono negli stessi quartieri, fanno vita associativa, fanno volontariato, hanno sempre mantenuto aperto un canale di comunicazione con la realtà che li circonda. Diversamente da lui, nelle passate legislature alcuni tra questi sono stati assessori, e hanno contribuito a far girare un sistema di servizi sociali che a Biella funziona (finché dura, finché qualcuno non lo smonta). Eppure queste persone, pur avendo potuto incidere più profondamente nel sistema (aiutando quindi nel concreto più persone di quante se ne possano raggiungere una alla volta), alle scorse elezioni hanno preso meno voti del consigliere d'opposizione, e oggi all'opposizione ci stanno loro.
Come è possibile?
E' solo un'ipotesi, ma forse è proprio il fare politica ad personam, la chiave. Anche grazie al fatto di esser titolare di una rubrica su un giornale locale, ad un certo punto il consigliere è divenuto un collettore di quei piccoli problemi di disservizio cittadino che, normalmente, il cittadino stesso non sa come affrontare, intimorito dalla complessa ostilità di uffici pubblici i cui centralini ti rimbalzano da un funzionario all'altro. Quando dico disservizi, parlo della buca sul selciato davanti casa, archetipo di tutte le lamentele possibili. Il muro sporco di graffiti, il marciapiedi sconnesso, il giardinetto pubblico incolto, il lampione spento, il parcheggio abusivo, il cassonetto trascurato. Cose di cui è giusto occuparsi, ma che non hanno dimensioni ulteriori alla loro ordinarietà.
Ritenendo problematico rivolgersi direttamente all'istituzione (se per colpa dell'utente o dell'istituzione stessa, questa è un altra faccenda), il cittadino bussa alla porta del consigliere che conosce, ma che soprattutto si dimostra disposto a spendere il suo tempo anche su una cosa simile, una minuzia nel complesso del governo di una città ma un problema fondamentale nella sensibilità di chi ce l'ha davanti casa. Il consigliere presenta il problema in una mozione, poi usa il giornale su cui scrive per dargli (e farsi) pubblicità, esercitando un tipo di pressione a cui ogni amministratore è soggetto. E infatti funziona, su sollecitazione l'amministratore risolve il problema – fa riparare la buca sul selciato – però il cittadino, grato, vota il consigliere perchè, dal suo punto di vista, è stato lui a "risolvere il problema".
Interessante, no? Spiega, ad esempio, perché a fronte del successo elettorale "porta a porta" del consigliere, l'amministrazione uscente abbia perso il consenso nel quartiere Chiavazza: e questo malgrado a Chiavazza siano stati spesi milioni di euro (milioni) per evitare che le strade si allagassero continuamente. Se ne deduce che è più conveniente rappresentare (ma non risolvere) un singolo problema di una singola persona che poi ti porta il suo voto, che non risolvere (ma non rappresentare) il problema di cento persone che poi, quando si andrà a elezioni, chissà.
E' uno schema che non metterei nella stessa casella del tipico modello clientelare, dei politici che si fanno votare promettendo la casa e un impiego pubblico (e ce ne sono, anche a Biella): è un'altra cosa. Ciò malgrado, risulta difficile da digerire: in Comune vi sono persone (non molte, ma alcune sì) più preparate del consigliere, persone in grado di affrontare i problemi nella loro complessità, e non solo in base a quanto sono potati i pioppi che un conoscente ha sotto casa. Ve ne sono nell'opposizione, e pure nella maggioranza (anche se non condivido i loro programmi). E' innegabile che tutti, di qua e di là dell'emiciclo, abbiano sempre e solo visto il consigliere come uno il cui mondo inzia e finisce nell'orto che si coltiva, nel far riparare buche e riaccendere lampioni, mentre i problemi veri sono più grandi, più complessi, e francamente anche altri (cosa verissima, peraltro). Uno che si può tranquillamente tenere fuori dai posti che contano, perché in fondo tutti pensiamo che non abbia lo spessore. Invece, sorpresa, una mattina ti svegli e scopri che quel consigliere tiene per le palle il futuro politico di questa città. Gente molto più brava di lui, più preparata. Più sveglia? Si vedrà, al momento non ne sarei sicuro.
Ora, la domanda che personalmente mi interessa è: che lezione dobbiamo trarre da questa storia? Dobbiamo ritenere inutile progettare una società più giusta, è più profittevole spargere favori personali a destra e a manca, in base a un meccanismo di consenso che più diretto non si può? E la gente, che cosa pensa la gente? Davvero è in grado di passar sopra al fatto che il figlio riceverà un'istruzione scadente, a patto che qualcuno gli ripiani la buca sotto casa, a patto che qualcuno dimostri insomma di gratificare con un po' d'attenzione la sua personalissima frustrazione del momento? E' proprio tutto qui?
Sarà realistico, ma è deprimente. E non sono certo di volerci avere a che fare.

  1. E la risposta è: sì, mi sa che è proprio tutto qui. Siamo egoisti, e pure stupidi. Ognuno ne tragga le debite conseguenze.

    utente anonimo
  2. E' il prezzo da pagare per la democrazia e per il suffragio universale.
    A

    utente anonimo
  3. Per usare una metafora forse poco fine, ma credo efficace…la gente è stata ricacciata in cantina a suon di pugni nello stomaco sferrati dalla paura. Per troppo tempo noi che dovremo amministrare, fare politica, risolvere davvero i problemi della comunità, abbiamo pontificato dall'alto di torri eburnee.
    Forse è il caso che ci sporchiamo le scarpette e andiamo in cantina a riprenderci la gente, non negando i problemi (nemmeno il buco sull'asfalto e il tombino), ma dando soluzioni.

    A chi lamenta di non poter iscrivere il figlio all'asilo per colpa "dei marocchini" non serve a nulla dirgli solo "signora mia, lei è razzista, deve capire che…". Bisognerebbe dirgli "Ha ragione, la coperta è stretta. Ci sono soluzioni alternative come investire in nuovi asili, formare nuove figure professionali come le Tages Mutter…" . Facendolo poi bene, non male come i vari leghisti paladini del buon governo, che poi alla fine fanno poco o nulla. E imparando a comunicare in modo netto, chiaro, rapido i propri meriti quando ci sono. Senza aver paura di chiedere scusa ogni tanto, in modo intelligente.
    Allora, forse, riusciremo a far capire che amministrare vuol dire qualcosa in più che tappare un buco.

    Marco Barbierato.
    Nipote di un ex capocantoniere della Provincia di Vercelli.

    utente anonimo
  4. E' sicuramente più facile interessarsi e risolvere il problema della buca davanti a casa che quello della scuola o dei servizi sociali. Nei Comuni meno grandi, da sempre, l'assessore anziano che gira per il paese tutto il giorno, raccoglie problemi e se ne fa portatore, non da oggi è più polare del sindaco che magari lavora fuori e riceve in orario di ufficio.
    Credo però ci sia un di più. Magari ci saranno amministratori più capaci e dotati di una visione più ampia di Apicella. Ne conosciamo però parecchi che valgono meno di lui e che emergono per arroganza e cordata di provenienza. Non parliamo dei leghisti che non mi pare brillino per particolari doti culturali e idee. Se questo è il quadro si capiscono gli esiti e si capisce perchè Apicella, che per altro si presenta in tutta umiltà, colga più successi di altri. Lui magari risolve anche problemi piccoli. Altri li creano prendendosela con vasi, vespasiani e creando rotonde laddove funzionava meglio il semaforo Brunello Livorno

    utente anonimo
  5. Non credevo che il mio post si potesse leggere come "riparare le buche è inutile". Anzi, a dirla tutta credevo di essermi dilungato proprio per spiegare il contrario: limite mio, evidentemente. Volevo spiegare un meccanismo, e le sue conseguenze. E dire che, se questo è quanto, se è tutto qui, beh, è poco.

  6. No, il post era chiaro: almeno per me. E' che effettivamente nessuno sa che pesci pigliare, e hai ragione quando dici che un pizzaiolo capace di mettere in ginocchio la politica cittadina (forte di un consenso basato sulle buche riparate) ci deve far riflettere su cosa è il consenso, cos'è la buona amministrazione, e su come cambia la politica.
    VB

    utente anonimo
  7. Paolo, a me era chiarissimo. E infatti ho sostenuto che se oggi siamo ridotti a pensare che solo riparare buche è importante, è per colpa di chi ha perso sintonia con il quotidiano e ora si trova senza cartucce da sparare e con la crediblità compromessa davanti a una cittadinanza demotivata e scazzata che non ha tempo e voglia di ragionare. Ed è grave.

    Marco Barbierato.

    utente anonimo
  8. Sono molto d'accordo con Marco. Secondo me è poco anche amministrare bene e non cagarsi la gente, anzi non è amministrare bene.
    I cittadini, dal momento che pagano le tasse e rispettano le leggi, si aspettano che, come minimo, i servizi funzionino correttamente, gli uffici siano accessibili, le infrastrutture manutenute. Un amministratore arguto dovrebbe sapere che tutto quel che farà di ordinario e straordinario (tipo costruire nuovi servizi e nuove infrastrutture), sarà considerato dai cittadini-elettori semplicemente dovuto. E io credo anche che, tutto sommato, dal punto di vista del cittadino semplice, non sia sbagliato.
    Quindi dove si misura la differenza tra un buon amministratore che sarà rivotato o uno che non sarà più votato: dal rapporto umano con i cittadini e dalle cazzate che fa. Se non fa neanche il minimo e la qualità della vita peggiorerà sensibilmente e in più avrà avuto un pessimo rapporto con la cittadinanza verrà probabilmente cassato, ma anche se avrà fatto il suo lavoro bene, però trascurando il rapporto con le persone.
    Questo vale soprattutto in una città medio piccola, per i cittadini semplici, passivi, non ideologizzati, che non fanno lobby: il famoso voto che fa la differenza.
    Ora pensate al nostro ex sindaco o al nostro attuale segretario provinciale, ex assessore comunale. 

    Marta 

    utente anonimo