30 LUGLIO 2010

Una questione di responsabilità

digaE' sempre meglio usare una certa attenzione, quando si scrivono certe cose. Vale in entrambi i sensi.
Primo, leggendo il Biellese di queste ultime settimane, mi chiedo se davvero il suo direttore e la Curia – che lo possiede – si rendano conto del fatto che trattare il tema della diga in totale spregio della pace sociale, raccontando sempre in modo estremamente fazioso e scorretto il confronto tra il consorzio costruttore e i comitati che si oppongono, significa prendersi la responsabilità di un clima generale che inevitabilmente non potrà che peggiorare.
Per quanto questo sia uno spazio molto letto, in particolare dalla classe dirigente di questa città – lo dimostrano una serie di fatti concreti – dubito che fra quei lettori vi sia anche il Vescovo, ciò nonostante sarebbe assolutamente fondamentale che qualcuno, un ragionevole interlocutore in grado di relazionarsi con quel mondo, faccia presente alla Curia – alla proprietà – che il suo giornale non può continuare a trattare il tema del dissenso alla diga in questo modo. Non può proseguire nell'uso di questo linguaggio, non può sistematicamente distorcere quel che accade. Perché le conseguenze ci saranno. E potrebbero essere pesanti.
E questo è il secondo punto. Scrivere che ci saranno conseguenze potrebbe suonare minaccioso. Ma non è così, è una semplice constatazione: di più, è un'esortazione. Non è neppure politica, è semplicemente sociologia. Sono cose che abbiamo già visto succedere, in Italia, e non è neppure necessario tornare agli anni Settanta per capire di cosa sto parlando.
Il Biellese è ovviamente libero di seguire una propria linea editoriale. Se in questa c'è l'avallo della diga, anche se in tanti non siamo d'accordo, è legittimo e sta nella normale libertà d'opinione, oltre che nell'alveo del confronto democratico. Quella linea non può però imporsi fino a travolgere la correttezza del lavoro giornalistico, non può creare un allarmismo che non ha ragione d'essere e non può giocare a radicalizzare le contrapposizioni esistenti, cosa che in queste ultime settimane sta invece avvenendo sistematicamente.
Perché credo che, diga o non diga, nessun giornalista e nessun editore, nemmeno al Biellese, voglia davvero verificare a cosa porta questo modo di fare informazione.

  1. Non me ne intendo, ma la linea editoriale di un giornale cattolico non dovrebbe discendere da un'altra pubblicazione, avete presente, quella che si trova nel cassetto del comodino di tutti gli hotel del mondo…?

    utente anonimo
  2. per #1. a biella naturalmente non so, ma in altre province la stampa cattolica è a volte coerente con chi paga i buchi di bilancio… persone che casualmente appartengono spesso alla classe conservatrice e di centrodestra che poi vuole dei favori in cambio… chessò… nominare il direttore (magari pagandoselo in proprio per far risparmiare l'ente cattolico)… oppure mettendo al suo posto uno che ha appena i titoli per fare il pubblicista della cronoca rosa… comunque qualcuno manovrabile facilmente… e la chiesa che fa? ringrazia girandosi dall'altra parte… proprio al contrario di quel famoso testo da te citato… RB

    utente anonimo
  3. La penso come RB ormai da parecchi anni, ma da che Esposito è divenuto direttore, la linea editoriale del Biellese oscilla sempre più tra il fascistello di quartiere e il settimanale vippistico da parrucchiera.. A condire il tutto, c’è quella patina da “il santo dei miracoli” che rende il bisettimanale moralmente orientato (ricordo con disgusto le pagine su Eluana Englaro, redatte con pieno sprezzo della sensibilità che un caso simile merita, oppure ancora più recentemente la merda pestata nel raccontare con dovizia di particolari inventati lì per lì, la morte del ragazzo della casa famiglia di Verrone).. Il problema che mi sento di sollevare è il seguente: ma è giusto che un giornale che si pone sul territorio come un servizio di base (dai necrologi alle farmacie, dalle fagiolate alle cresime), impieghi così tante energie nel fare dell’orientamento politico?? O meglio, se il Biellese non entrasse, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle case x abitudine, i suoi articolisti (cmq non tutti) potrebbero permettersi tali e tante scialberie?? E chiaro che la risposta è no, mi viene il dubbio, allora, che forse servano dei nuovi interlocutori informativi, magari credibili.. lbb

    utente anonimo