E così, niente cohousing a Cossato. Me ne ero occupato durante la mia breve collaborazione con Eco, all'epoca della presentazione del progetto. L'idea era quella di trasformare Villa Cridis in una residenza per anziani, coppie e single (leggi: vedovi), un bel complesso recuperato e con molto verde, dotato di una serie di servizi in comune che difficilmente gli anziani, da soli, possono permettersi.
Si chiama Cohousing, sia la cosa in sé che la società milanese che la promuoveva: all'epoca aveva raccolto ben 350 pareri favorevoli di persone interessate a investirvi, e oggi comunica il suo ritiro per mancanza di un interesse effettivo. Solo un cliente disposto a comprare sul serio, qualcuno più propenso all'affitto, gli altri semplicemente spariti (o passati a miglior vita? Dato il target, è possibile).
Avevo parlato a lungo, con quelli di Cohousing, specialisti del ramo che stavano realizzando vari altri interventi simili nel milanese e altrove. Mi avevano raccontato di residence in cui tutti gli inquilini, ognuno col suo bell'appartamentino di proprietà, avevano investito per inserire nella struttura una sala per il cinema. O una per i giochi di società, o addirittura una piscina. O ancora, più banalmente, una lavanderia. Persino un'infermeria, più strettamente necessaria. Quanti anziani potrebbero permettersi certi extra in casa propria? Pochi. Ma molti anziani, in una struttura più grande, dividendo le spese, possono.
Avevo ascoltato con un pizzico di invidia storie di paesi nordici in cui il cohousing arriva a mettere in comune la cucina. Una sola cucina, i residenti spadellano a turno, ma per tutti quanti, e così il momento del pasto diventa conviviale. Come l'ostello della gioventù, anche senza la gioventù. Mi aveva preso una fitta di nostalgia per i tempi in cui gli ostelli erano l'unica forma di turismo che potevo permettermi, e la studentessa esotica con i suoi misteriosi piatti era l'unica – generosa – alternativa a pessimi fast food. Purtroppo, "l'estate somiglia a un gioco, è stupenda ma dura poco", diceva un poeta nato a Tripoli e romano d'adozione.
Infatti, "gli italiani non sono culturalmente pronti a una condivisione così profonda", mi avevano spiegato. Toccatemi tutto ma non il mio fornello.
Il cohousing era anche un segnale di interesse immobiliare per il Biellese. Prezzi bassi, che nel frattempo sono diventati ancora più bassi – mentre ad esempio a Milano sono rimasti sostanzialmente gli stessi – e una relativa vicinanza con grandi bacini metropolitani. Non troppo lontani da Milano, non troppo lontani da Torino. Neppure troppo vicini, ma va bene, gli anziani sono in pensione e non hanno problemi di pendolarismo. Semmai, sono cavoli dei figli e dei nipoti: a portata di mano ma non eccessivamente, abbastanza vicini per una gita domenicale ma non così tanto da vederseli arrivare con le valigie se litigano col coniuge.
Biella come la Florida, dove i ricchi e i quasi ricchi americani vanno a trascorrere gli ultimi anni seccando come cuoio le pelli al sole. Un po' meno sole, ma anche un po' meno umido e coccordilli, ed ecco una delle poche prospettive di sviluppo per il nostro Biellese: si va oltre il concetto di quartiere dormitorio delle grandi periferie, per giungere all'approdo inedito della provincia pensionato.
Eppure, sarebbe stato meglio di niente, perchè così siamo messi: dobbiamo augurarci che i vecchi vengano a salvarci da noi stessi. Forse dovremmo incentivarli: ai primi cento in omaggio una dentiera. Per favore, venite a morire qui – pardon, a trascorrere una serena vecchiaia.
Oppure è meglio così, e hanno ragione quelli di Cohousing: non siamo pronti, non siamo culturalmente pronti. Lo capiscono anche i protagonisti del film di Kasdan che dopo la scena con il sottofondo di Ain't too proud to beg arriveranno i casini.
Mi vedo già i titoli di nera, le troupe televisive, gli speciali con plastico di Villa Cridis e i criminologi in cerca di categorie per definire la nuova aberrazione senile; sullo sfondo, l'immagine della signora Piera trovata con la doppietta del defunto marito ancora in mano, fumante. Il signor Adelmo riverso sul tappeto, in una pozza del suo stesso sangue, sulla vestaglia un po' lisa ma dignitosa un buco, largo e bruciacchiato, all'altezza del petto. "Gliel'avevo detto e ridetto che con quell'infernale musica jazz mi stava facendo impazzire", avrebbe dichiarato l'anziana assassina agli inquirenti. Escalation di omicidi fra anziani in provincia di Biella, nuovo allarme sociale o darwinismo? La parola agli esperti, tutti i dettagli in cronaca.
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Non c'è niente da fare: sei una gran testa di cazzo (penso che tu ne sia consapevole) e pure un rompicoglioni pistino, ma in quanto a scrivere sai il fatto tuo.
Bel finale. Oppure, ci lasciano il femore mentre ballano preparandosi la minestrina.