7 GIUGNO 2010

Il cavallo Baio

gratus-standingMagari Atripaldi non ci crederà – e mi dispiacerebbe – ma sono contento che Pallacanestro Biella sia rimasta in serie A. Ho passato un certo periodo interessandomi sinceramente alle sorti dei “pennelloni in mutande”, come li definiva Giuliano Ramella (ma un paio di settimane fa anche lui ha fatto ammenda), parte di un rito collettivo a cui poi ho rinunciato perché, semplicemente, la combriccola si è sciolta e il rito sarebbe divenuto solitario. L’attuale presidente faceva più o meno parte di quelle frequentazioni, che sono poi anche sfociate in un rapporto lavorativo. Sembra un secolo fa, ed è storia.
Ma, come dicevo, sono contento.
C’è però qualcosa che mi preme dire, alla fine di questa stagione. Qualcosa che tutti quelli che si occupano dell’argomento pensano, ma nessuno ha ancora espresso apertamente, e che mi pare possa sfociare in un bel ragionamento, se si segue il filo. E: no, tutta la storia legata al Palazzetto, ai troppi e contraddittori incarichi che Atripaldi ricopre, tutta quella faccenda non c’entra,ne ho già parlato e per ora va bene così.
E’ una faccenda di basket sic et simpliciter, ma non del tutto, come vedremo, che così a naso non credo sia particolarmente interessante per la maggioranza dei lettori di questo blog, i quali immagino poco avvezzi alle cose legate al pallone a spicchi. E quindi a tutti loro consiglio di passare oltre, senza rancore.
Fatto? Bene.
Tutto nasce da una notiziola che sabato mi è passata accanto, girata di bocca in bocca, ovvero che Daniele Baiesi sarebbe in predicato di andare a fare il general manager dei Detroit Pistons, in Nba. Fatta la tara del pettegolezzo – non è possibile che Baio vada a fare il Gm dei Pistons così, d’emblée, anche se glielo auguro – se l’ex dirigente di Pallacanestro Biella entrasse nel giro che conta, approdando all’Nba non come procacciatore o scout ma come interno, vorrebbe dire che Biella ha contribuito a creare una personalità di spicco, di livello internazionale e ai vertici mondiali del settore. E’ l’Nba, bellezza.
L’interrogativo che resta sospeso, però, è un altro: un anno fa Baiesi aveva preferito lasciare la nostra città e la nostra squadra, non per andare a far di più e per più alti stipendi altrove, ma per fare il libero professionista purché sia. Perché? I motivi veri che stanno dietro l’interruzione di quel rapporto – che nel 2009 aveva portato alla semifinale scudetto, mica cazzi – li possono conoscere davvero solo i diretti interessati, Atripaldi e Baiesi, due personalità troppo complesse da poter essere ricostruite attraverso le ipotesi e le caricature.
Allora facciamo un passo indietro: narra la leggenda che Baiesi, venuto per la prima volta a Biella su invito di Atripaldi quando ancora era l’epoca della presidenza Savio, sia stato tirato fuori da una situazione lavorativa brutta e stagnante, e che qui abbia invece trovato spazio e fiducia per esprimersi al meglio. Carattere non facile, ma schietto e alla prova dei fatti molto bravo, Baio si è rivelato un cavallo vincente, dimostrando la correttezza di quella scelta, ripagandola abbondantemente, e non solo per l’incredibile risultato dell’ultima stagione. Poi, ad un certo punto, come molti, si deve essere chiesto: ma io, a Biella, che ci sto a fare?
Ecco, a questo punto non solo lo capisco, ma me lo chiedo pure io. Lasciamo perdere l’Nba, con cui evidentemente è difficile entrare in competizione, ma preferire un anno a spasso per i mercati piuttosto che esser costretti a stare solo un altro minuto a Biella la dice lunga, su come siamo messi. Il basket biellese ha una serie di problemi molto stringenti, legati soprattutto all’aspetto economico: pochi soldi, sponsorizzazioni che non decollano, un pubblico fedele che però non basta, perché in realtà è il territorio ad essere perdente. Quel che vale nel basket in piccolo vale nel resto, ma in grande: chi sono i motori dello sviluppo biellese, quali sono i loro progetti per il futuro, e soprattutto: quale futuro? Il futuro non è solo questione di portare in pareggio – o non troppo in perdita – l’anno fiscale in corso, futuro è senso della prospettiva. E’ investire oggi, anche in perdita, anche a costo di sobbarcarsi rischi, perché si ha in mente un domani, mica tanto lontano, in cui lo sforzo sarà ripagato.
Passiamo oltre l’argomento basket: perché, oggi come oggi, per come siamo messi, un bravo manager dovrebbe scegliere di lavorare a Biella? Con quali prospettive? Le aziende chiudono, i servizi peggiorano, la popolazione invecchia, la classe dirigente è la stessa degli anni ’80, gli investimenti si svalutano, l’innovazione e le cose importanti avvengono altrove. Mettetevi nei panni di qualcuno che può ambire a lavorare ai massimi livelli, e intendo proprio i massimi. Stareste a Biella? Anzi, stareste in italia?
Bene, è tutto qui: partiamo da questo, il resto son cazzate e pippe che giunte a Carisio han già smesso da un pezzo di essere interessanti.

  1. Le cose importanti e che cambiano il mondo di certo non succedono a Biella, e a dirla tutta non succedono neppure in Italia, anche a pensarci non me ne verrebbe in mente neppure una.
    Comunque, son contento per Baiesi, questo sì.

    anonimo
  2. Servono idee. Poi servono soldi, per realizzare quelle idee. E infine servono uomini, che siano capaci di usare quei soldi per realizzare quelle idee. Al momento direi che stiamo a corto su tutta la linea, ma proprio tuuutta.

    anonimo