15 SETTEMBRE 2009

Si salvi chi può

closedL’Eco di Biella ricorrerà alla cassa integrazione per alcuni suoi impiegati. La clamorosa notizia circola nell’ambiente, e ovviamente ne sono informati i sindacati. Malgrado quanto scritto qui, non pensavo che si arrivasse a questo punto tanto in fretta. Il bilancio 2008 dell’Eco è stato chiuso con poco meno di 200mila euro di debiti, ma – si dice – con la concreta prospettiva di arrivare al pareggio nel 2009.
La pubblicità è in crescita – un caso credo più unico che raro, con la crisi imperante – e i conti sono buoni anche contando i dipendenti ereditati da Publibiella, equamente divisi tra Eco e Biellese dopo la chiusura della concessionaria pubblicitaria unica.
Aldilà della criticabilissima linea editoriale, la parte commerciale è quindi vivace, ed Eco è un giornale a cui, anche senza il pareggio prossimo venturo, per andare in utile basterebbe rinunciare a un paio di elementi.
Questo non è un suggerimento a licenziare: a un editore come l’Unione Industriale, meno popolato di un tempo ma pur sempre composto da decine e decine di soci, basterebbe spostare un paio di risorse umane dal giornale agli uffici stampa, invece di affidarsi ad agenzie milanesi a cui delle aziende biellesi non frega un tubo, per far quadrare i conti senza lasciare a casa nessuno. E’ una cosa che si chiama sinergia, e che evidentemente al momento l’Uib non è in grado di mettere in atto. Anni fa, quando i giornali biellesi arrivarono molto vicini a fondersi per dare vita a quel quotidiano di cui ogni tanto si parla, e la cui assenza rende Biella un unicum nel panorama editoriale, uno dei motivi per cui l’operazione naufragò – oltre ai preventivi deprimenti – fu la volontà, anche degli industriali, di tenersi un giornale da poter usare come strumento di mantenimento della pace sociale nel caso si fosse palesata una grave crisi economica.
La crisi è poi arrivata sul serio, ma se c’è una cosa che gli industriali non fanno è usare il loro ruolo di editori dell’Eco per impattarla almeno un po’. Viene quindi il dubbio che non siano più interessati, che forse non ne abbiano le capacità e, come già ho scritto, che manchi loro l’interesse. Gli altri non stanno meglio: il Biellese non è certo un giornale sano, e già oggi c’è qualcuno che chiede conto alla Curia dei soldi spesi per sostenere una linea editoriale che tiene in gran considerazione le gerarchie ecclesiastiche ma ghettizza tutto il resto (ed è un resto cospicuo) del mondo cattolico. La Provincia, la cui proprietà ha cambiato di recente mano finendo a un editore quasi puro, ma non biellese, ha costruito il suo modello editoriale fottendosene allegramente della regolarizzazione dei suoi dipendenti, e quindi di certo non si metterà a discutere della cassa integrazione altrui: in questi casi è meglio tacere, per non attirare l’attenzione sui propri casini.
Tornando all’Eco, ovviamente non so dire cosa succederà: io non credo che l’attuale management abbia voglia di mettersi a tagliar teste per accontentare la proprietà. Chi glielo fa fare? Più probabile che arrivi qualcun altro, un liquidatore come ai tempi di Vizzari e Gatta: fecero volare tante di quelle teste che a un certo punto diventarono i boia di loro stessi.
Oppure, se tra i lettori di Popolino c’è qualcuno che dorme su materassi ripieni di euro, consiglio di entrare nel magico mondo dell’editoria: l’Eco è facilmente profittabile, e viene via a poco.

  1. Caro Paolo, portassimo sfiga…?

    Comunque a proposito della lungimiranza dell’uib ce ne sono a decine di storielle amene…

    A.

    utente anonimo
  2. Questa è una situazione molto pesa, e seria. Davvero un segno che la casa sta crollando, a partire dal tetto. Se davvero ci sono politici che leggono questo blog questa notizia non può passare sotto silenzio, è l’evidente sintomo di un sistema che non riesce più a rigenerarsi.

    utente anonimo
  3. Mi sembra di notare che qui i lettori stiano prendendo una piega per cui il loro livello di partecipazione è direttamente proporzionale al sangue che viene sparso in un post. Ovvero, se il post è polemico e c’è l’occasione per fare battute sagaci i commenti fioccano, se l’argomento è serio un po’ meno, motivo per cui sono rimasto alla finestra negli ultimi giorni. Questa cosa non mi fa impazzire, e nel caso della notizia che ho letto sopra sarebbe il caso che chi passa di qui si esprimesse, perché è una cosa grave, sono in ballo posti di lavoro e la situazione in generale nel Biellese si sta facendo preoccupante.

    ES

    utente anonimo
  4. Detto che a salvare un giornale è sovente la propria autorevolezza e che se a questa si rinuncia i rischi sono gravi, mi risulta che un gruppo ben radicato nell’informazione locale piemontese (e non si tratta di chi ha già comprato la provincia) sia pronto all’acquisto dell’Eco. Se questo vorrà dire salvare tutti i posti di lavoro è presto per dirlo. A naso direi di no.

    Certo che se l’UIB non considera più Eco ne strategico ne comunque utile vuol proprio dire che la linea editoriale degli ultimi tempi ha lasciato molto a desiderare.

    Lo ripeto da tempo, la libertà di stampa è messa in pericolo non tanto dalla politica (che ci prova e pure qualche volta ci riesce) quanto dai manager degli stessi giornali. Succede a livello nazionale (vedi caso Hachette-Rusconi) e anche a livello locale.

    MZ

    utente anonimo
  5. Bè 4 giornali (dico 4) A BIELLA è un po’ senza senso. Dei 4 però chi resiste di più è destinato a sopravvivere. Le notizie locali interesseranno sempre, su carta o via web. Invecchiando cambiano gli interessi. I giovani di oggi che non leggono i giornali locali finiranno per leggerli un domani (credo).

    utente anonimo