4 AGOSTO 2009

Cattolici due volte a settimana

buddy_jesusUna parte dei cattolici si ricorda di esser tale solo alla domenica (quando va bene), quando va a messa. Sono i migliori.
I peggiori sono invece quelli che se ne ricordano due volte a settimana, ogni martedì e venerdì, quando il Signore – è proprio il caso di dirlo – manda in edicola il Biellese, il giornale della Curia, che si distingue dagli altri perché in alcune pagine interne c’è scritto "Vita ecclesiale". E’ un dettaglio che sfugge a una lettura disattenta.
Normalmente, quelle pagine ospitano cronaca varia ed eventuale dalle parrocchie, foto di cresime, reportage di pellegrinaggi, ricordi di Papi (non il presentatore, suvvia, un piccolo sforzo…) e altra roba – rintracciabile pure sulle testate concorrenti, ma senza che sia definita come "vita ecclesiale" – che personalmente non mi appassiona ma che ha un suo senso nel rappresentare una parte di società: allo stesso tempo, sta alle cose davvero importanti per i cattolici come le castagnate stanno alle cose importanti per tutti gli altri.
Infatti, di cose da discutere ce ne sarebbero ben altre, sia che si dia uno sguardo al mondo intero (la povertà, il dialogo tra religioni, l’immigrazione, la modernità, i valori), sia che ci si soffermi solo sul territorio (la povertà, il dialogo tra religioni, l’immigrazione, la modernità, i valori. Ehm…).
Eppure, per qualche ragione, il Biellese tende a tenersi piuttosto vago su molti di questi aspetti, chissà perché. Se un barcone di disperati viene cannoneggiato e rispedito al mittente, inspiegabilmente, il suo direttore e la Curia che rappresenta non sente il bisogno di ricordare in modo chiaro e ampio la carità cristiana, l’accoglienza, e tutte quelle cose che un cattolico si racconta per giustificarsi quando sceglie di destinare l’8 per mille delle sue imposte alla Chiesa. Viceversa, se qualcuno viene pizzicato a commettere un reato, e non è in regola col permesso di soggiorno, al Biellese non si fanno davvero nessun problema a farne un’aggravante pur di ricavarne un titolo, anzi due, anzi tre, anzi quattro, e chissà quanti altri. E se è comunitario senza l’extra fa uguale.
Se invece un medico cattolico, noto tra l’altro per la sua battaglia a favore del testamento biologico, si candida a segretario del Pd, allora è decisamente tutto un altro paio di maniche. Non solo si scrive che è "a favore di una legge di fine vita di impostazione decisamente laica", che è come dire dell’acqua che è "decisamente bagnata", ma si va addirittura a pescare un ministro, l’ineffabile Sacconi, per fargli dire a pagina intera tutto il male possibile.
Se un candidato non d’apparato per una carica partitica (e non di governo) – ma su cui la Conferenza Episcopale evidentemente è preoccupata di non riuscire ad allungare le manone – preoccupa così tanto i ligi media confessionali, figuriamoci cosa può fare l’arrivo in italia della Ru486. E infatti. Notare il titolo equilibrato: "E’ aborto deliberato". Che, anche fosse, in Italia è regolato da una legge dovuta a un referendum in cui i favorevoli sono stati l’88,40 per cento. Ottantottovirgolaquaranta: a un certo punto bisognerà pur farsene una ragione.
Ora, non si chiede al giornale della Curia di difendere l’interruzione di gravidanza. Quel che ci si chiede è: a nome di chi parla? Io stesso, pur non credente, conosco molti cattolici, e non sono come quelli raccontati dal Biellese: da chi sono rappresentati? I cattolici sono maggioranza, nel Paese, così come c’è una maggioranza a favore dell’aborto (e del divorzio, e del testamento biologico, e della carne al venerdì). La semplice matematica dice che si tratta degli stessi individui, o almeno che sono – inevitabilmente – fortemente sovrapposti, e che quindi sono in grado di distinguere tra il credo personale e lo status di cittadini democratici. Viceversa in Italia coesisterebbero due distinte maggioranze, una cattolica e l’altra laica, che sommate danno il 180 per cento: se così è chiamate Stephen Hawking, il Cern e gli autori di Lost, perché l’Italia ha violato le leggi della fisica.

  1. Pur non avendo titolo ad esprimere un parere, sono cattolico quanto lo può essere la piastrella di un bagno pubblico, credo che questo “blaterare a vanvera del Biellese” sia dovuto sopratutto all’assenza di bel contradditorio con le palle; si spaccia dunque questa mancanza per implicito “mandato esclusivo di superiorità etico/morale”…

    mi spiego, cosa succederebbe se Eco o Provincia allestissero uno spazio chiamato ” vitaccia laica” con l’icona di un Giordano Bruno a fare il gesto dell’ombrello, e sparassero, di volta in volta a cura di chi volesse, un bell’attacco frontale a queste frenesie da baciapile? Non si può? Non si fa? Si ha la Binetti in coalizione dunque vergogna e ciccia? E vabbè…

    A.

    utente anonimo
  2. Innanzitutto non e’ “il Signore” a mandare in edicola “Il Biellese”, perche’ con un deficit nel 2008 di 218.936 euro, nel 2007 di 271.796 e nel 2006 di 168.796, tutti ripianati dalla Diocesi con quali fondi non si sa, forse di altri signori andrebbe parlare. Effettivamente la dizione “vita ecclesiale” e’ un po’ datata, sa di house organ, poi e’ difficile ficcarci dentro sempre le cose giuste, specialmente se chi deve scegliere tutti i giorni sta alla teologia come io alle sfilate di moda.

    Vedendo la risposta che il direttore del giornale ha dato oggi (4 agosto) ad una mia lettera nella rubrica “spazio aperto”mi spiego due cose: -che ormai chi fa informazione in una testata cattolica si concepisce come colui che illustra il pensiero della “proprietà”, e quindi e’ del tutto inutile farsi pagare da giornalisti, basta essere addetti stampa, (magari anche il problema del deficit di cui sopra si risolve), – che “a nome di chi parla”, come chiedi tu, e’ una questione irrilevante per chi ha oggi il potere nella chiesa, come ben spiega Esposito non ci si riferisce alla “comunita’ dei credenti” ma alla “chiesa come istituzione”, fai te la differenza.

    EZ

    utente anonimo
  3. Bene primo articolo per “Vitaccia Laica”:

    “I fondi neri della curia, e loro impiego per la solita opera catto demenziale di indottrinamento”

    troppo forte?

    A.

    utente anonimo
  4. Quello che però mi fa morire, non volermene, EZ, è che di fronte a tutto questo tu cosa fai? Scrivi una lettera. Al Biellese.

    Con tutto che io capisco la cogente necessità di mostrare che esiste un mondo migliore ai suoi poveri lettori, ma lo stesso comprendi bene l’assurdità. Perché è assurdo, anche di questo bisogna farsene una ragione, e l’ho sentito dire tante volte, pensare di risolvere i problemi dei giornali scrivendo ai giornali, o peggio aprendone uno nuovo. O migliorare la tivù facendo una nuova tivù: per rifare, esattamente uguali, gli stessi errori di sempre, identici, con la differenza però di ritrovarsi stavolta dalla parte del torto. Tutti progetti che puntualmente non trovano mai un mecenate disposto a buttarci letteralmente via qualche milione di euro. E per fortuna, aggiungerei.

    Allora, la proposta è: basta, basta con ‘sta roba che è fatta male, è sopravvalutata, e davvero non frega un cazzo a nessuno, ma proprio a nessuno.

    Bisogna imparare a fare altro, anche se è molto molto difficile.

    utente anonimo
  5. “Fare altro” tipo?

    EZ

    (sono in giro riprendo poi il tutto a sera tardi…)

    utente anonimo
  6. EZ, secondo me dice che devi aprirti un blog (e credo dica anche che devi imparare a usarlo bene, ma non vorrei cannare l’interpretazione).

  7. Senza voler offendere nessuno, la soluzione blog non mi sembra la panacea di tutti i mali,la comunicazione professionale esiste, a volte funziona, a volte no. Sempre è migliorabile, con l’aiuto anche di chi ne fruisce. Arrendersi a evidenti storture è fin troppo comodo.

    MZ

    utente anonimo
  8. Non è questione di panacea, è che non arrendersi non basta più, e siamo al punto per cui i giornali considerano i lettori una rottura di balle. Allora basta, si può anche levare il disturbo e far altro, altrove.

    utente anonimo
  9. la prima parola che mi viene in mente è “riflusso” dato che, in nuce, questa discussione risale a qualche tempo fa e, per certi versi, la sensazione che mi regala equivale a quella di quello gastro esofageo, ovvero si gira attorno alla questione che i giornali locali, sponsorizzati da chi e come è cosa nota, fanno informazione di qualità medio bassa, ovvero navigano di bolina, ovvero perdono consensi e denari pur mantenendo a medio lungo termine la garanzia di una pensione dignitosa per molti, mentre dall’altra parte il mezzo blog pare garantire una libertà espressiva decisamente più ampia, pur essendo in linea di massima, a parte parecchi diversamente specializzati, un qualcosa di informe che segue a cazzo gli umori e le opinioni del solo proprietario e stanti queste caratteristiche, poco indicato a soppiantare il giornale nel variegato panorama dei media

    bene, e mo’ ?

    Che viene dopo?

    Od ho preso sul serio l’ennesima discussione estiva senza accorgermi del sottile perculamento di fondo?

    (lo ammetto sono decisamente naive sotto sotto…)

    A.

    utente anonimo
  10. la soluzione potrebbe essere riunire tanti blogger e fare un qualcosa tipo huffington post (o giornalettismo). Peccato che da questo non deriverebbe uno stipendio…

    utente anonimo
  11. Per #3: comunque la pista dei fondi non e’ il solito luogo comune, chiedersi da dove arrivino piu’ di 600.000 euro in tre anni potrebbe essere il lavoro di qualche giornalista, dico con la g maiuscola.

    Guarda #8 che la mia domanda di “cosa fare” non e’ una presa in giro ma una ricerca di idee, io non e’ che ne abbia tantissime.

    Io non voglio “soppiantare il giornale”, #9, “Il Biellese” ha cambiato sei direttori in pochi anni, perche’ non pensare ad un bisettimanale cattolico dal volto umano? E’ quello che proponi #10?

    EZ

    utente anonimo
  12. bè il giorno che lo leggerò farò tanto di cappello all’autore del pezzo, peraltro son ben consapevole che tu non abbia nessuna intenzione di soppiantare il giornale in quanto tale, era un concetto che già avevi espresso al di là di ogni possibile, fantasioso, equivoco nella discussione cui facevo riferimento nel mio post precedente, in questo caso mi chiedo che tipo di conseguenza, positiva o di qualsivoglia altra natura, possa avere il cambio di un direttore alla testa di un giornale che esprima la posizione della diocesi, peggio ancora, avverbio del quale mi assumo piena responsabilità, della chiesa in quanto tale, dunque sostanzialmente dogma per eccellenza, assumere posizioni dialettiche nei suoi confronti mi pare una velleità equivalente a quella di tentar di vendere una partita di zucchero di canna a Fidel Castro e anche nel caso si riuscisse, in qualche modo a me oscuro, quante vite ci vorrebbero per arrivare a posizioni almeno post-medioevali su argomenti di interesse attuale?

    Oppure di nuovo si aspetta un ricambio generazionale sperando che un fantomatico “nuovo che avanza” (una “cosa” cattolica, a voler ricordare Occhetto) non sia rintronato dai quintali di ovatta cacciata nelle orecchie e negli occhi di chi lo ha preceduto e che riesca ad esigere un qualche elemento di modernità a chi ha fatto del concetto potere spirituale il suo punto di forza cui deve chinare il capo ogni istanza non prevista?

    O sperare che finiscano i soldi?

    E’ interessante il concetto del bisettimanale cattolico, concettualmente intendo, mi chiedo quanti dei destinatari siano in cerca di domande piuttosto che di risposte…

    A.

    utente anonimo
  13. Scusa A., nella fretta non ti avevo riconosciuto…o almeno credo. Il problema di fondo e’ che la diocesi, come la cei o ogni altra struttura ecclesiale, secondo la loro stessa ispirazione, di posizioni precostituite pubbliche e sulle quali agitarsi in politica e nella societa’ non ne dovrebbero avere, lasciandole ai singoli cristiani, da soli, in gruppo, nei partiti: la loro funzione e’ legata al richiamo concreto (testimonianza) alla fedelta’ al Vangelo e alle sue esigenze. Solo che in Italia tra queste “esigenze” da qualche lustro c’e’ con piu’ insistenza la convinzione che per rendere piu’ cristiana la societa’ le gerarchie devono spiegare cosa pensa il “cattolico” di ogni cosa, (progetto culturale), senza piu’ mediazioni e spazio per la liberta’ e la ricerca dei singoli, a meno che non sia privata e non disturbi: e’ chiaro che i giornali cattolici, per la maggior parte, sono governati con questo criterio. Quindi per me ha senso continuare a vendere canna da zucchero a Fidel Castro perche’ so che fine fara’ Fidel Castro, non so quando e non mi interessa adesso, e perche’ per me “ha senso” farlo, perche’ e’ esattamente quello che ha fatto il fondatore della piantagione, a cui io presto attenzione. Poi a me non interessa rivoluzionare tutto, mi accontenterei di una gestione dell’informazione cattolica piu’ rispettosa della pluralita’ e libera da condizionamenti. Concordo che oggi piu’ che mai i “destinatari del bisettimanale”, e in generale i cattolici, a fronte delle parole d’ordine ormai interiorizzate e proposte in continuazione dalla ditta, facciano piu’ difficolta’ a porsi domande piuttosto che a cercare certezze, ma d’altronde questa e’ una dinamica che accompagna ogni credente in Gesu’ (tentazione) e come tale e’ una logica che ritroverai credo sempre.

    Pero’ non mi hai risposto su cosa sarebbe utile fare.

    EZ

    utente anonimo
  14. la mia risposta era, in blocco, una non-risposta ad un quesito che al sottoscritto non offre risposta alcuna, senza voler tirare in ballo il sempiterno concetto di “religione oppio dei popoli”, che personalmente tradurrei in valida organizzazione sociale e datato collante della medesima, l’ingerenza della struttura ecclesiale è manifesta ed un dato di fatto, persino la stolta sicumera di quel buzzurro del Berlusca ha subito uno stop solo di fronte all’inarcarsi di sopraciglio all’Avvenire…

    sulla carta il “date a Cesare quel che è di Cesare” risulta un’ottima mossa politica poi, nei vari concilli, quelli dove pare si faccia la storia da almeno un millennio, si è stabilità quella confusa commistione tra potere spirituale, appunto, temporale e, perchè no a lungo termine, secolare

    dunque?

    Rispetto il “fare qualcosa, n’importe quoi” a prescindere da quale miraggio possa risultar la meta, ma è un qualcosa che attiene alla vita del singolo piuttosto che ad un realistico progetto di lungo respiro degna in quanto tale ma, permettimi di abbreviare con “donchisciottesca”, ovviamente con tutto il rispetto delle imprese disperate che sono le uniche che posseggono, in realtà, la sufficiente dose di dignità per essere combattute;

    in pratica?

    Bè smetterei di comprarlo, del tutto… un segnale forte,

    A.

    utente anonimo
  15. Mi sanguina sempre il corazòn quando si parla così del mio ex giornale. Forse per questo ho voglia di fornire pochi chiarimenti su quello che so.

    La “vita ecclesiale”, innanzitutto, è una sezione nata negli anni ’90 da un’idea (ottima idea, se posso aggiungere) del direttore Marco Berchi. L’obiettivo di Berchi era di fare un giornale di informazione a 360 gradi, che desse un logico e ampio spazio ai temi della vita della chiesa, ma facendo in modo che lo spazio restasse, appunto, delimitato. Prima, per chi non se lo ricorda, era un giornale schieratissimo sulla linea politica della Dc e di vita di chiesa si poteva parlare in qualsiasi pagina. E spesso, sulla falsariga di “nella cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no”, linea politica e pastorale si mischiavano un bel po’. Fu una rivoluzione, negli anni ’90, quando “il Biellese” accettò per la prima volta la pubblicità elettorale del Pci. Prima manco quella, figurarsi le mille voci del dibattito politico. Che invece trovarono spazio e trasformarono “il Biellese” in un vero e proprio giornale di informazione. Certo, perdendo copie rispetto agli anni dello schieramento netto, e spesso creando mal di pancia a parroci e canonici assortiti. Ma questo è un altro discorso.

    Tornando alla vita ecclesiale, il ritorno della politica su quelle pagine è dell’estate 2005, con la campagna elettorale per i referendum sulla fecondazione assistita. Che, per voler di Ruini, diventò vita ecclesiale a pieno titolo. Giusto? Sbagliato? Decidono i lettori. A me non piaceva. La presenza di temi di attualità affrontati dal punto di vista di una delle voci della galassia-chiesa (resta da vedere se l’intervista a Sacconi lo fosse) non è una mosca bianca: giusto oggi (martedì 25 agosto) c’è un intervento della Caritas sui migranti e il modo in cui l’Italia li tratta. Del resto, e chi è più cattolico di me lo sa, chiesa vuol dire un monte di cose: c’è Cielle con il suo vicepresidente della Camera Maurizio Lupi che vota entusiasta ronde, decreti sicurezza e giri di vite sui clandestini, e c’è l’Acli con Luigi Bobba, vicecapolista del Pd in Piemonte alle ultime politiche. E il dibattito su quale sia la vera voce della chiesa italiana è aperto. Di sicuro, è difficile dire che ci sia una voce sola. E univoca.

    Quanto ai bilanci del giornale, Biella non fa eccezione. Non esistono in Italia giornali in attivo. E gli editori, o i prestiti di banche, o l’ampliamento dei soci consentono che si continui a restare in edicola. Se i giornali chiudessero perché in passivo, resterebbero Topolino (e Popolino eheheh). Del resto c’è quasi più gente ogni giorno che guarda Emilio Fede, piuttosto che avere un giornale in mano.

    Sono stato lungo, eh? Scusate. Ma se avete domande sul giornale, per quel che so, vi rispondo

    Canna

    utente anonimo
  16. aggiornatevi !!!

    utente anonimo