11 APRILE 2009

Family man

Springsteen mi ha sempre dato l’idea di essere uno su cui è stato appiccicato un vestito da rockstar planetaria che non è per lui, e di conseguenza gli sta molto largo. La storia della musica americana è piena di songwriter che si muovono nel solco della tradizione popolare, da Pete Seeger a Dave Matthews passando per Johnny Cash. Grandi artisti, ma raccontano un mondo che a mio parere non è così comprensibile per chi non conosce la provincia americana – o non si è appassionato in modo specifico a quel mondo. Il Boss in fondo fa parte di quella grande famiglia, con la differenza che negli anni Ottanta fu innalzato a simbolo di un decennio, e da allora l’equivoco viene perpetuato, con risultati alterni (molto spesso non all’altezza). Il punto è che mi chiedo cosa capisca uno di Rogoredo, o di Manaus o di Helsinki, delle strade di Filadelfia.
Me lo sono sempre immaginato come l’antitesi della rockstar, uno che conduce una vita tranquilla in un ranch, circondato da parenti e amici veri, schivando il pazzo e frivolo mondo dello showbiz. A decent family man, come dicono da quelle parti. E quindi mi ha stupito, ieri, leggere di un marito furioso perché la moglie lo ha cornificato ripetutamente con il tranquillo Bruce. Oggi, manco a dirlo, è arrivata la smentita.

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