26 MARZO 2009

Quando il gioco si fa duro

Lunedì il presidente Obama dovrebbe annunciare un nuovo piano di stimolo, questa volta destinato alle industrie automobilistiche, e pare che le sue intenzioni stiano togliendo il sonno ai manager del settore. Gm e Chrysler chiedono più di 20 miliardi a testa, dopo averne già incassati quasi altrettanti nei mesi scorsi, ma sono un po’ in ansia per le condizioni che pare siano nelle intenzioni del Governo Federale, che sembra abbia in mente una sostanziale ristrutturazione del settore.
Nessuno a Washington vuole veder fallire le case automobilistiche, e le centinaia di migliaia di posti di lavoro già persi o prossimi a svanire non sono certo desiderabili per un’amministrazione che ha bisogno di consensi e di pace sociale per cambiare il Paese: quindi il denaro, in qualche modo, arriverà. 
Ma oggi più che mai servirebbe il sangue freddo di guardare in faccia alla crisi e chiedere che il settore si impegni entro poco tempo a rivoluzionare se stesso, iniziando a sfornare auto ecologiche – davvero econologiche – e dal prezzo contenuto: innovazione, aumento del valore aggiunto sul prodotto, volumi grandi su margini ridotti, ecco la ricetta. Che è esattamente il contrario di quanto hanno fatto a Detroit negli ultimi anni, producendo Suv sempre più grandi, esosi nei consumi, ma dai margini elevati. Il prezzo del petrolio e delle materie prime, la concorrenza dei Paesi emergenti e la fine della solvibilità dei consumatori hanno completamente messo alle corde questo modello di business, ma era prevedibile.
Chiunque abbia avuto la sfortuna di fare grossi incidenti negli anni passati si è sentito dire dal meccanico di turno che a fronte di un danno di due o tremila euro era meglio fare un finanziamento per dieci o quindicimila e comprare un’auto nuova. Il che è semplicemente folle, e non poteva durare. Oggi siamo al punto che dopo un incidente con ragione, se il mezzo è in grado di camminare, molti incassano l’assegno dall’assicurazione e si tengono il danno: altro che auto nuova a rate. Ed è giusto così, o quantomeno è un equilibrio comprensibile.
E quindi ecco cosa dovrebbe fare un governo moderno: pagare i debiti, a patto che servano a innovare, a dare un motivo sociale alla costruzione di nuove vetture. Dopodichè, ci si impegna ad affiancare questa innovazione, ad esempio incentivando le reti e le infrastrutture (provate a fare un pieno di metano fuori dalle grandi città).
A pensarci bene, è esattamente il contrario di quanto fanno molti Paesi arretrati – questo, ad esempio – nei momenti di difficoltà: sostengono che siccome c’è la crisi, non è il momento di pensare all’ambiente e all’innovazione.
Se Obama è davvero quel che a molti di noi sembrava durante la campagna elettorale, questo è un banco di prova eccellente per dimostrarlo.

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