29 GIUGNO 2011

Si nos coleos haberemus

Era il 15 giugno scorso, appena due settimane fa, quando Andrea Delmastro raccontava sul suo blog – sì, ha un blog – una storia di onore e di tradimento. Di un ex componente – già pizzaiolo – della maggioranza di destra che governa Biella pronto a tradire e a "votare con la Sinistra" per non aver avuto uno scranno. Del futuro del Pdl, raccontava Delmastro dopo le sconfitte ad amministrative e referendum, e di gente che, come lui stesso, era pronta a "difendere il Piave", nella buona come nella cattiva sorte o, come forse direbbe lui, quando la battaglia si accende e si misura la differenza tra eroismo e opportunismo.
"Hic manebimus optime", scriveva il latinista Delmastro riportandone i due usi più celebri: quello tradotto con "qui staremo benissimo", frase attribuita da Tito Livio a un centurione determinato a non abbandonare Roma pure se nelle mani prepotenti dei patrizi; e quello del vate D'Annunzio, durante l'occupazione di Fiume del 1919, con il significato di "siamo qui per restare".
Sono passati pochi giorni, da quell'annuncio, e a partire dalla versione locale della Curia Ostilia in cui oggi si terrà il Consiglio Comunale, è già arrivato il momento di verificarne la consistenza. Magari anche in un altro senso, quello che gli diede Montale:

Hic manebimus optime se vi piace non proprio
ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile
alla morte (e questa piace solo ai giovani)

Se è vero quel che si dice, e cioè che proprio il suo sacrificio sia il pegno richiesto per ricomporre la frattura che sta spaccando il centrodestra biellese e mandando in crisi il governo del territorio a tutti i livelli, Delmastro potrebbe dover dimostrare nei fatti che, lì dove lo metteranno, senza incarichi e ridotto al silenzio, dovrà starci benissimo.
Oppure no.
No, perché questo è un confronto tra due vecchi arnesi sopravvissuti alla Prima Repubblica, come altri ve ne sono in Consiglio e nei posti che contano nel governo del Biellese. Sopravvissuti alla Prima, ancor più potenti nella Seconda e, se nessuno si proverà a fermarli, già pronti a traghettarsi nella Terza. Che è alle porte, e Delmastro non può non saperlo.
Due personalità antitetiche, il galantuomo Pichetto e il bieco Fava, le cui differenze però sfumano, sfumano sempre, quando giunge il momento dell'accordo: quello che serve a salvare il bene più grande, ovvero la perpetuazione di loro stessi, a qualsiasi costo. Solo non si capisce perché dovrebbe essere Delmastro, a versare il sangue giovane che serve a tenerli innaturalmente in vita.
Non c'è onore in questo sacrificio, e non è questa la patria per cui battersi alla morte. Non è questa la sua battaglia, e non è su quel terreno che dovrebbe piantare la sua insegna. Viceversa c'è una guerra, da combattere, e quella guerra contro un potere che ha fallito e fottuto questo Paese chiama anche lui: vada fino in fondo, se vuole esser coerente con quanto dice.
Perché Delmastro lo sa benissimo, che il suo momento è questo, e lo dimostra il fatto che non fa niente per nascondere che di trafficoni, padani e pizzaioli non ne può più. Continuare a fingere il contrario, questo sì, sarebbe una scelta priva di onore.

  1. sarei più cauto con le provocazioni, tra te e Fava,  Delmastro sceglierà sempre l'altro.

    utente anonimo
  2. Ci mancherebbe altro che scegliesse me. Lo troverei preoccupante, per me e per lui. Il punto evidentemente è un altro.

  3. "Quid enim futurum est, si nec dii nec homines eius coloniae miserentur?"
    "Come volete che vada a finire, se gli dei e gli uomini continuano a fregarsene di questo paese?"
    Petronio, il Satyricon

    utente anonimo
  4. Homo quisque faber ipse fortunae suae

    utente anonimo
  5. autobus

    utente anonimo
  6. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.(Vangelo secondo matteo 5, 29-30)

    utente anonimo