10 FEBBRAIO 2010

Il Bal dal Lunes

smoking"Per mesi picchiano compagni di scuola, 5 denunciati": è una notizia battuta dall’Ansa qualche ora fa, l’ho trovata cercando "Biella" su Google News, e non ho trovato nient’altro, se non cose di basket. Biella: tra una partita e l’altra ci piace prenderci a cartoni. E a volte pure durante.
Mi è tornato in mente che le botte, e le risse, sono state una costante della mia vita di pischello provinciale dall’infanzia in poi, finché non ho lasciato il paesello per altri lidi. E una volta lontano ho perso l’istinto di mettere le mani addosso a qualcuno che mi fa girare i coglioni. Con fatica, ma per fortuna.
Io sono di Tollegno, comune che negli anni Ottanta vantava – diciamo così – il più alto numero di morti per eroina, e che nel tempo ha conservato una certa affinità con l’abuso di sostanze, e con un modo abbastanza spiccio di risolvere le questioni tra persone di conseguenza poco lucide. Mi sono menato con un bimbo al mio primo giorno d’asilo (non te l’ho mai detto ma… scusa, Maurizio), e sono scappato il secondo: immaginatevi la sorpresa di mia madre, che mi credeva accudito dalle suorine, quando a metà mattinata aprì la porta e mi vide lì, ribelle e fiero della mia fuga spericolata.
Ci menavamo spesso anche alle elementari. C’erano un paio di soggetti, della medesima classe ’73, particolarmente portati. Uno magrolino, già perfido sin da piccolo, dotato di un talento raro nel causare problemi, e lesto a defilarsi quando iniziavano a volare i cazzotti. Da adulto ha poi avuto grane con la giustizia, e poco tempo fa è morto, quando pareva si fosse ormai ravveduto. Un altro, che quando avevamo 7 anni pesava come un ragazzino di 14, oggi vive in un qualche avamposto australiano, ma me lo ricordo come fosse ieri in seconda elementare, scardinare una porta a calci. Non per niente giocava stopper nella squadra di paese.
Il calcio era un altro bel pretesto. Non mi sono mai stupito delle violenze da stadio, perché come riserva dell’A.S. Tollegno mi bastava una trasferta ad Andorno, due chilometri in linea d’aria, mica la Scozia, per venire accolto a manrovesci. Ricordo una partita seguita da sassaiola, noi barricati dentro lo spogliatoio, e l’uscita con le giacche tirate sulla testa, e gli sputi, anche da alcuni genitori dei nostri avversari. A Mongrando, un padre particolarmente accalorato mi prese per i capelli sollevandomi da terra. In terza media una nostra compagna si fidanzò con un ragazzino di un altro paese dei dintorni, e per un attimo sembrò che dovesse scoppiare la guerra civile.
La civica Biella non era migliore: c’era bullismo anche al Classico, anche in mezzo a quei fighetti figli di papà, i quali a loro volta avevano fatto il liceo della "Biella bene" ed erano tanto in confidenza con i professori. Ma, appunto, trattandosi di fighetti non costituivano un gran pericolo.
Poi c’erano i locali. Io ne ho vissuto solo gli ultimi sprazzi, e di sfroso perché avevo appena 14 o 15 anni, ma se c’è un posto che ha segnato una generazione di biellesi è stato i Cammelli. Una discoteca – se così si può definire – fantastica per l’offerta musicale, molto rocchettara, molto alternativa. Solo che ci si menava ogni maledetta sera: come al fu Babylonia di Ponderano, o almeno nella sua ultima fase, ma con più di un decennio di anticipo. Oltre ai tollegnesi, venivano a lustrarsi le nocche quelli di Chiavazza e quelli del Villaggio. I ragazzi più grandi ci spiegavano che dovevamo sentirci fortunati, perché negli anni Settanta quelle cose si risolvevano coi coltelli, mentre lì al massimo qualcuno improvvisava un uso contundente del casco della moto. Già, il casco: un grande classico delle risse anni Ottanta. Poi, una sera un tizio si fece male sul serio. Ricordo che la cosa aveva a che fare con la brillante idea di un altro tizio, che era venuto a ballare portandosi un martello. E’ ovvio che, se porti un martello a una rissa, qualcosa succede. Chissà se i giornali dell’epoca li riportavano, questi fattarelli.
Ma torniamo a Tollegno. Un paesino laniero, con le sue lanegatto e le sue cervinie, e le sue tradizioni, belle e meno belle. Il carnevale, ad esempio, con la sua maschera tipica, il Gatto appunto, da che ho memoria interpretata quasi sempre dalla stessa persona, che poi con quella pelliccia si è fatto eleggere sindaco. Il carvè, dicevo, e il Bal dal Lunes. Non ho idea se lo facciano ancora. Comunque, ai tempi veniva improvvisata una struttura, uno scatolone di legno, per ospitarvi un ballo di chiusura del folle, folle carnevale (sia detto con ironia). Al Bal del Lunes ho fatto la prima pomiciata della mia vita, e mi sono sempre, sistematicamente ubriacato, come tutti del resto. Non necessariamente in quest’ordine.
A una cert’ora, partivano i lenti, la sala iniziava a svuotarsi, restavano solo quelli non proprio in grado di tornare a casa. E scoppiava la rissa, rumble in the jungle: ci si poteva puntare l’orologio. Perché? Perché se hai vent’anni e sospetti che passerai la tua vita in un simile buco di culo da qualche parte devi pure sfogarti. Qualcuno, come dicevo, ci è rimasto, qualcuno ce l’ha fatta e se n’è andato senza voltarsi indietro. Di tutti quegli anni, infatti, non resta molto che valga la pena conservare nell’album dei ricordi.
"La sera che arriva non è mai diversa dalla sera prima", diceva un tale che in quegli anni aveva capito perfettamente la situazione, e cazzo se è vero.

  1. Happy Days PaoloCoss,
    Happy Days…

    A.

    utente anonimo
  2. Con la differenza che: niente Fonzie, solo stronzi.

    utente anonimo
  3. Il Biellese è uno dei territori con la più alta percentuale di suicidi. Neal caso della violenza, si può pensare di arginare il bullismo, di far girare più pattuglie durante i sabati sera, di invadere le vie di telecamere, ma il problema è il disagio di un territorio senza sbocchi, specialmente oggi che anche quel po’ di ricchezza che c’era sta evaporando. E’ questo a portare violenza, sugli altri e su se stessi. Altro che allarme bullismo: è come cercare una pomata adatta per curare un bubbone, ignorando che il bubbone è sintomo della peste.

    utente anonimo