13 LUGLIO 2009

A che gioco giochiamo

Big Lebowski
Da qualche giorno Bersani ripete, a tutti quelli che lo intervistano, che gli piacerebbe un partito organizzato come una bocciofila. È un’immagine suggestiva, che evoca tutto un mondo, e da come ne ha fatto uno slogan deve piacergli molto. Inoltre, si presta bene a farci un titolo diverso dal solito, e ai giornalisti tanto basta.
Nessuno si è per ora spinto a interpretare fino in fondo questa metafora, nessuno è andato oltre l’immaginario di pensionati arzilli e giocatori incalliti.
Poniamo però il caso: e se a me non piacesse giocare alle bocce? Se, insieme ad altri come me, volessi farmi una partita ad Halo con la Playstation, o una bella mano di Risiko, o più semplicemente volessi giocare a poker? E se invece scoprissimo che una gran parte dei frequentatori del circolo preferiscono il bowling? Che dobbiamo fare, dobbiamo cercarci un altro circolo?
No, non penso proprio. Dopotutto, chi lo decide che bisogna per forza farsi piacere le bocce? Bersani?
Con tutta la buona volontà, per un po’ posso anche farmi appassionare da un dibattito sulla scelta tra l’andare a punto e bocciare. Poi, però, passerei ad altro, grazie.
Inoltre, con tutto il rispetto per i pensionati della bocciofila: e se al circolo volessero venirci pure persone più giovani? E se volessero frequentarlo addirittura le donne? Dirò di più: perché non farci un bel gay pride, in questo benedetto circolo? Dove sta scritto che non è il posto adatto?
Anche sulla gestione, che tanto appassiona Bersani, avrei da ridire. Se invece del bianco dei colli al baretto interno qualcuno chiedesse un chinotto, o persino un mojito? Se ci fosse chi vuole sintonizzare la tivù sulla Cnn, invece che sul tiggì regionale? Se fossimo stufi di ascoltare i Pooh e nel jukebox volessimo trovarci un pezzo di Devendra Banhart?
Come dite? La grigliata, le salamelle? E perché non una pizzata, una polenta concia o un bel kebab?
Non possiamo fare del Partito Democratico un posto dove ognuno possa sentirsi a suo agio? Perché limitarsi, non è un po’ assurdo, autolesionista e soprattutto poco democratico, in contraddizione con l’insegna appesa fuori dal circolo?
Ora ci manca solo che Franceschini inizi a dire che vuole un Pd organizzato come un oratorio, e via con le suggestioni sulle infanzie oratoriane. Basta solo digerire l’idea che prima di far merenda bisogna dire le preghiere.

  1. il paradosso vero è che il PD è organizzato come un bordello…

    A.

    A.
  2. Ci fai o ci sei? Un partito che tiene sempre le porte aperte in una quotidianità che crea affezione e solidarietà tra le persone che lo fequentano. Non uno stadio dove la lotta tra tifoserie è un artificioso richiamo alla democrazia…… democrazia a qualunque costo, anche a rischio di stare mesi e mesi sui giornali non sui temi caldi del Paese, ma su chi è più simpatico, chi è più nuovo e meno babbione, chi è il vero moralizzatore ecc. ecc. Non cose che danno da mangiare alle famiglie sempre più in difficoltà. Mi sembra.
    RVG

    RVG
  3. RVG, se dicessi che ho capito mentirei.

  4. Ironizzare per puro divertimento intellettuale, a prescindere dalla sostanza delle questioni, può essere divertente ma risulta poco comprensibile. Nello specifico ironizzare sul termine “bocciofila” può essere simpatico, ma non riconosce dignità intellettuale ad un modo di sentire il partito che richiama valori autentici. Diversamente l’unica dignità politica sembra che tu la riconosca ad una posizione che vede la propria ragione solo nel fatto di “poter esistere”, come se la questione dirimente per aderire o meno al PD fosse l’aspetto di democrazia interna. Per me tutto ciò non è sufficiente, soprattutto alla luce del sentire quotidiano del cittadino non iscritto che temo possa avere una percezione terribile, prodotta dai giornali, sull’inutilità, l’inconsistenza e l’inaffidabilità di questo partito. Rischiamo di essere sempre più lontani dal mondo reale. Coltiva l’ironia come grande elemento di vitalità, lasciaci però un briciolo di verità sullo sfondo.

    anonimo
  5. Bene, ora ho capito. E quindi rispondo.
    Primo: la questione della democrazia interna non è sufficiente, dici? Può darsi, ma per chi fa parte, diciamo così, dell’area di riferimento è un po’ dura convincersi a partecipare se ha l’impressione che dentro al partito non potrà esprimersi liberamente. A me questo non pare esattamente un dettaglio, specie in un momento come questo, in cui tutti i militanti sono impegnati nel disperato tentativo di portar nuove tessere al proprio candidato. La tipica obiezione del militante di lungo corso, preoccupato della percezione prodotta verso l’esterno, verso la società, non mi sembra questo gran problema, soprattutto se pragonato al fatto che quella percezione corrisponde alla realtà.
    Pensare che non si debba parlare dei problemi di funzionamento del Pd perché dall’esterno potrebbero pensare che ci sono dei problemi mi pare, non saprei, un po’ surreale. Se siamo lontani dal mondo reale è perché, in particolare dai dirigenti, il partito e la società vengono visti come due mondi distinti, il contributo dei cittadini viene chiesto solo quando serve – quando c’è da votare, in sostanza – ma in regime di ordinaria amministrazione è visto in gran parte con fastidio, è considerato un’invasione. Beh, io non sono d’accordo, io penso che il partito avrebbe bisogno di essere invaso molto di più. Se non succede è perché su questi temi dalla dirigenza io sento solo chiacchiere e sciocchezze.