20 MAGGIO 2009

La mia vita su Facebook, giorno 10 (di uso intensivo)

Prima impressione - E’ vero quel che si dice, ho ritrovato qualche vecchio compagno di classe. Finiti i convenevoli, i comevatuttochei, resta un po’ quella sospensione tipo “ma che abbiamo da dirci”. Forse, se non senti qualcuno da 25 anni, ci sono fondati motivi. Con qualche eccezione, chiaro.
Amici (secondo la definizione di Facebook) - Una settantina in poco più di una settimana. Mi sembrano abbastanza: sono molti, ma molti più di quelli che ho mai avuto nella vita reale. E quindi insisto, non si dovrebbero chiamare “amici”, ma “tizi che vanno on line per scrivere i fatti loro usando la cortesia di contraccambiare leggendo i fatti miei”. Certo, dal punto di vista del marketing è una definizione molto meno attraente.
Contenuti - A fianco di quelli che pubblicano spunti e riflessioni interessanti, ce ne sono molti che si limitano ad informazioni tipo “oggi è una bella giornata”. Ovviamente, ogni attività o pensiero umano può essere filosoficamente giudicato inutile. Alcuni più degli altri, però.
Dipendenza - Effettivamente, quando iniziano a piovere le amicizie, i commenti, i “mi piace”, il corpo viene invaso da endorfine che causano un’indefinibile sensazione di benessere. Rapidamente, come con l’eroina, il piacere diminuisce, mentre aumenta esponenzialmente la sensazione di dipendenza. Sarà che non sono esattamente nuovo al gioco della rete, e forse avevo già gli anticorpi, comunque ne sto uscendo con passo spedito.
Baccagliometro - Ovvero, la domanda fondamentale: si cucca, su Facebook? La mia impressione è che sì, si cucca. Volendo. Ma la cosa richiede un’applicazione, una costanza, che io francamente non possiedo. La mia pigrizia è molto, moltissimo più forte della mia foia. Comunque, i meccanismi sono i soliti da che esiste il web: bisogna pescare a strascico, perché qualche platessa resti nella rete.
Conclusioni - Quello che succede su Facebook, resta su Facebook. Questa è la mia sintesi: la rete è piena di roba interessante, ma lì dentro filtra con molta fatica, tutto si consuma solo tra le persone che già si conoscono, non c’è nessuna curiosità per quel che succede fuori dal proprio circolo. Capita anche nella vita reale, con la differenza che queste limitazioni nel web sono autoimposte, perché in effetti non esisterebbero: ma contribuiscono a creare un ambiente apparentemente più familiare e rassicurante. Questo perché molte persone hanno trovato in Facebook quel surrogato del web che risparmia loro di capire come muoversi su internet, e come esplorare quello che a tutti gli effetti è un nuovo mondo, con regole mutevoli e complesse: un mondo ricco di promesse ma talmente grande e misterioso da suscitare superstizioni incrontrollabili, al pari di tutte quelle umane esperienze che necessitano di voglia e di impegno per essere decifrate, dominate ed eventualmente apprezzate. Il bello della rete è cercare una cosa e finire per leggerne un’altra, trovare il sito di qualcuno che non conosciamo e che scrive di una cosa che non avevamo mai sentito nominare dicendoci “ehi, vai un po’ a vedere”, e imparare col tempo a distinguere tra quello che è credibile e quello che non lo è. Oppure, se si vuole contribuire con qualcosa di proprio, correre il rischio che si venga letti da qualcuno che non è nostro amico e che non sia d’accordo. Ma tutto questo richiede voglia, tempo, curiosità, attenzione: invece, è molto più semplice limitarsi a dire a un gruppo di persone che più o meno si conoscono che oggi, anche oggi, grazie al Cielo è una bella giornata.

  1. Prima impressione: Assolutamente ineccepibile. C’è gente che neppure ricordavo di conoscere che mi ha chiesto l’amicizia. Solitamente se questi non si sprecano a mandarmi almeno un messaggio “ciao caro”, li cancello dopo una settimana (mi sembra ragionevole).
    Ora ho imparato a non accettare neppure (tranne che in rarissimi casi, e di persone che effettivamente mi fa piacere sentire).

    Amici: In realtà è “collezione di conoscenti o anche non conoscenti”. Serve solo a stimolare, appunto, le endorfine, e a fare un po’ di non tanto sano collezionismo.

    Dipendenza: a me non dà dipendenza, a me stufa e basta. Mi serve solo per tenere quei due o tre contatti cui tengo… che, volendo, potrei anche contattare per email, solo che non ho l’elenco sott’occhio per ricordarmi.

    Contenuti: beh, hanno inventato twitter che è pure peggio.

    Conclusioni: condivido in toto quello che scrivi, aggiungo che facebook è davvero poco impegnativo: si fanno le cose senza pensare, si pubblica, si schiamazza, non si ragiona (secondo te perché ci sarebbero degli sviluppatori impegnati nel creare i quiz? e prova a pensare cosa se ne potrebbero fare di tutte le risposte…), mentre altre attività in internet, il blogging per esempio, richiede ragionamento, impegno, un minimo di “fare”… Tutta roba che alla gente comune pesa. Meglio cazzeggiare, senza pensar troppo… (oh, non che sia sempre una cosa negativa….)

  2. Ti sei dimenticato il baccagliometro!

  3. Non, so, io sono fuori mercato da qualche anno!
    Però l’impressione è che come strumento di intorto sia un po’ sopravvalutato. Probabilmente è troppo dispersivo, troppo affollato per essere un vero strumento di approccio: tant’è che tutte le persone, tra quelle che conosco, che sono più predisposte a quest’uso di facebook, possono vantare le centinaia di contatti (talvolta quasi le migliaia), però non sono in grado di gestirle e quindi di concludere.
    La Chat a mio parere è ancora lo strumento principe.
    Concludendo: non è lo strumento giusto.