Fino a ieri mattina a Repubblica discutevano, mogi, alla macchinetta del caffè: “Certo che Berlusconi”, “Non se ne può più”, “Questa faccenda di Noemi, scan-da-lo-sa”, “E nessun giornalista che abbia approfondito”, “Proprio nessuno”.
Poi, improvvisamente, un redattore anziano, uno di quelli incatenati al desk che in gergo si chiamano “culi di pietra” e costituiscono le fondamenta di ogni redazione, ha esclamato: “Un momento, cazzo: ma noi siamo giornalisti!”.
E così, da stamattina si sono applicati di buzzo buono, e hanno messo insieme una cosa molto semplice, “Le 10 domande mai poste al Cavaliere”. Da cui si evince che: le versioni affastellate nei giorni pazzi del papi affair, come dire, non quagliano.
Al Corriere qualcuno ha notato questo improvviso sommovimento e deve aver pensato, con uno scatto d’orgoglio: “Repubblica sì e noi no? E chi siamo, i più stronzi del bigoncio?”. Dopodichè, hanno per un attimo abbandonato la spinosa indagine per verificare se il culo di Noemi è stato o meno photoshoppato, e si sono chiesti come sia possibile che Berlusconi avesse pronto un collier da seimila euro se la visita alla festa della sua pupilla era improvvisata. All’interrogativo ha risposto Ghedini, spiegando che il Cavaliere i cadeauxli prende all’ingrosso, forse perché gli fanno un bello sconto.
Ora, se i giornalisti italiani non fossero completamente cerebrolesi, si ricorderebbero di una alquanto rara, e anche per questo memorabile, testimonianza di Berlusconi in quanto imputato a un processo, quello per il Lodo Mondadori. Si trattò di una performance spettacolare (Ferrara le dedicò sul Foglio e a Otto e Mezzo un editoriale ululante di goduria), e mi spiace che su YouTube non ci sia (o se c’è io non l’ho trovata): Berlusconi doveva replicare alle accuse poste dal cosiddetto teste Omega, all’anagrafe Stefania Ariosto, che raccontava tra le altre cose le – per lei – allucinanti cene natalizie ad Arcore con relativa distribuzione di preziosi per tutte le signore.
Berlusconi spiegò, con un’enfasi particolarmente appassionata, che la sua segretaria gestiva su sua indicazione un complesso elenco di regali di valore destinati agli amici e alle loro mogli, laddove per amici si intendono manager, politici, giudici e varia umanità. I brillocchi venivano acquistati a chili, ed era compito della segretaria non solo tenere aggiornata la lista delle persone da compiacere, ma anche porre attenzione alla successione degli omaggi: il primo anno un collier, il secondo gli orecchini, il terzo un bracciale, in modo da evitare i doppioni e permettere alle sciure di completare le parure.
Sono fatti di pochi anni fa, ma dopo due settimane di canea ancora nessuno li ha tirati in ballo, e questo mi sembra bizzarro, come minimo. Dice il saggio: chi non impara dal passato è destinato a ripetere, eccetera.
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Già, me lo ricordo molto, molto bene anch’io ‘sto pezzo di cabaret. Sarà che faccio solo il giornalaio e non il giornalista.
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